Fin dal suo esordio, il Cantiere Educativo Volere Volare ha aperto le proprie porte per accogliere bambini provenienti da più Paesi, senza alcuna distinzione etnica, culturale o religiosa.
Lo spirito che muove questa condotta ha un preciso intento pedagogico: quello del “riconoscere all’altro il diritto di essere se stesso e di essere diverso” (Fratelli tutti, 218). Solo così infatti è possibile promuovere quella che Papa Francesco definisce una cultura dell’incontro “in una società in cui le differenze convivono integrandosi, arricchendosi e illuminandosi a vicenda” (FT, 215).
Proprio a partire dalla necessità di favorire momenti di incontro e dialogo tra diverse culture e religioni è nata la proposta di far visita alla Moschea di Ispica il 31 marzo. L’iniziativa ha visto coinvolti i bambini del Cantiere insieme ad alcuni ragazzi e volontari proprio alla vigilia dell’inizio del Ramadan, che per i nostri fratelli musulmani rappresenta il mese di digiuno e preghiera più importante dell’anno. Abbiamo voluto in questo modo augurare loro un buon inizio e farci vicini a tutta la comunità islamica presente a Ispica.
Per molti bambini italiani, come anche per la maggior parte degli adulti presenti, entrare in Moschea è stata un’esperienza unica. All’ingresso abbiamo tolto le scarpe in segno di rispetto del luogo sacro e siamo stati accolti all’interno da uno dei membri della comunità il quale ci ha mostrato i vari ambienti e i segni caratteristici della Moschea, quale luogo più importante di preghiera e di incontro per tutti i musulmani della città.
Disposti a cerchio come un’unica famiglia, abbiamo avuto occasione di ascoltare con interesse e conoscere più da vicino i capisaldi e gli aspetti salienti della religione islamica e, come in semplicità vengono incarnati nella concretezza della vita. Pur riconoscendo le differenze tra le religioni, cattolica e musulmana, ci siamo soffermati principalmente sui punti in comune: il digiuno quaresimale e il Ramadan quali tempi di purificazione per lo spirito, l’importanza della preghiera quotidiana, i giorni di festa e riposo settimanali, il pellegrinaggio verso i luoghi santi che da sempre ha caratterizzato la cristianità e quello per i musulmani a La Mecca da fare almeno una volta nella vita.
Al termine della visita siamo usciti con una nuova consapevolezza: che il confronto con l’altro, il “diverso” da me, non mi rende più povero ma inevitabilmente mi arricchisce perché mi dona parte di sé, in quanto l’altro è colui nel quale posso specchiarmi e scoprire che in fondo non è così diverso da me perché mio fratello. E proprio a partire dall’incontro con l’altro che è possibile superare gli stereotipi e i pregiudizi che spesso diventano muri innalzati che separano e non permettono il confronto e la valorizzazione delle specificità altrui.
Nel corso del suo pontificato, Papa Francesco ha ribadito più volte l’importanza di promuovere il dialogo interreligioso come via privilegiata da percorrere per costruire ponti e accorciare le distanze al fine di incentivare l’amicizia, la pace, la fratellanza, la condivisione di valori sani e l’armonia tra i popoli.
Se è vero riconoscere che noi adulti per primi dobbiamo diventare costruttori di pace, seppur a volte di una pace difficile, laboriosa e lenta a realizzarsi, proprio a partire dalla necessità di creare occasioni di confronto tra persone appartenenti a diverse religioni che non rinunciano alla loro peculiarità ma trovano nella relazione con l’alterità un’occasione di maturazione umana e spirituale, a maggior ragione diventa prioritario trasmettere tali valori ai più piccoli perché è proprio a partire dai bambini che diventa possibile costruire un futuro di pace solido, concreto e duraturo.
Accogliamo allora di buon cuore l’invito del Papa sulla necessità di “avviare processi di incontro, processi che possano costruire un popolo capace di raccogliere le differenze. Armiamo i nostri figli con le armi del dialogo! Insegniamo loro la buona battaglia dell’incontro!”(FT, 217).
Ci auguriamo tutto questo per i nostri piccoli e per il futuro della nostra città di Ispica perché possa diventare sempre più luogo di accoglienza e apertura verso l’altro.
di Angela Micieli