Home Strada facendo… “Mi aiuti a farmi Santo?”

“Mi aiuti a farmi Santo?”

da Redazione
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Il 6 maggio ricorre una festa molto cara a noi Salesiani: è il giorno in cui si ricorda l’allievo particolarmente amato da Don Bosco, San Domenico Savio. Nonostante la memoria liturgica sia fissata al 9 marzo, giorno che cadrebbe molto spesso durante la Quaresima, la Famiglia Salesiana lo ricorda in questa data per poterlo festeggiare con tutta l’allegria che merita questo ragazzino così speciale.

La settimana scorsa abbiamo scoperto come è nata, all’interno della sua famiglia, la vocazione di Minot (Domenico) e di come Don Cugliero lo raccomanda a Don Giovanni Bosco per accoglierlo nel suo oratorio.

Don Bosco si accorge ben presto di avere a che fare con un giovane dalle spiccate virtù, ed immagina per lui un futuro da sacerdote salesiano. I due si parlarono a lungo, poi Domenico domandò: “Allora, che pensa di me? Mi porterà a Torino per studiare?”. Don Bosco, sapendo che la mamma del Savio era una sarta, rispose: “Mi pare che in te ci sia della buona stoffa… può servire a fare un bell’ abito da regalare al Signore”. E Domenico: “Dunque io sono la stoffa. Lei ne sia il sarto, mi prenda con lei e farà un bell’ abito per il Signore”.

Poche settimane dopo il giovane approdava all’ oratorio di Valdocco.

L’8 dicembre, festa dell’Immacolata Concezione di Maria, Domenico – riferisce Don Bosco  – “compiute le sacre funzioni in chiesa, col consiglio del confessore andò avanti all’ altare di Maria, rinnovò le promesse fatte nella prima comunione, poi disse: ‘Maria, vi dono il mio cuore: fate che sia sempre vostro, Gesù e Maria, siate voi sempre gli amici miei! Ma per pietà, fatemi morire piuttosto che m’ accada la disgrazia di commettere un solo peccato”. Da quel momento, Don Bosco cominciò a osservare attentamente la condotta esemplare del giovane e a prendere nota degli episodi più significativi.

In occasione dell’onomastico di Don Bosco, il quale scherzosamente aveva chiesto ai suoi ragazzi  di indicare su un biglietto quale regalo desiderassero da lui. Domenico scrisse: “Mi aiuti a farmi santo?”.

Il santo torinese gli indicò quindi la “ricetta” giusta per la santità: allegria, osservare i doveri di studio e di preghiera, far del bene agli altri e da allora fino alla sua morte condurrà una vita ineccepibile, sempre volta a migliorarsi, affidando ogni sua azione al compiacimento di Maria e Gesù dove si sforzò di essere esemplare in tutto: si notavano in lui una pietà profonda unita a una serena allegria; e un impegno speciale per venire in aiuto ai compagni, magari giocando con uno che era trascurato dagli altri, facendo ripetizione a chi ne aveva bisogno, o assistendo quelli malati.

Dal carattere mite, sempre sereno e lieto, metteva grande impegno nei doveri di studente e nel servire in ogni modo i compagni, pacificava i litigi, incarnando il “di più cristiano” della solarità contagiosa e dell’evangelica pace che è armonia con Dio e tra i fratelli.

Ai compagni, appena arrivato all’Oratorio, diceva: “Sappi che noi qui facciamo consistere la santità nello stare molto allegri”. Procuriamo “soltanto di evitare il peccato, come un grande nemico che ci ruba la grazia di Dio e la pace del cuore, di adiempere esattamente i nostri doveri”.

Questa, dunque, l’inizio della vita di Savio nell’oratorio di Valdocco, il luogo dove la sua vocazione alla santità trovò terreno fertile. Degno di nota appare quindi il commento di Margherita Occhiena, mamma di Don Bosco, la quale disse al figlio: “Tu hai molti giovani buoni, ma nessuno supera il bel cuore e la bell’anima di Savio Domenico”. E spiegò: “Lo vedo sempre pregare, restando in chiesa anche dopo gli altri; ogni giorno si toglie dalla ricreazione per far visita al SS.mo Sacramento… Sta in chiesa come un angelo che dimori in Paradiso”.

Domenico sia dunque per noi modello ed esempio. La sua testimonianza ci sia di incoraggiamento. Non richiede grande impegno, nemmeno sforzi eclatanti. Se lui, piccolo fanciullo, è riuscito a farsi plasmare dalla grazia, anche noi possiamo riuscirci. Lui è la dimostrazione che dai piccoli c’è molto da imparare proprio perché sono puri come i “piccoli” citati da Gesù quando dice “lasciate che vengano a me”

Lasciamoci guidare dal piccolo Gigante testimone della fede Domenico Savio: invochiamolo, preghiamolo, ascoltiamo la sua voce che tuona ancora nel dire: Meglio morire che peccare, e sarà sempre Pasqua di Resurrezione.

di Massimo Innorcia

(Foto d’archivio: Ragazzi della Catechesi – Festa S. Domenico Savio 2019)

1 commento

rosariapiazzese36@ gmail .it 23 Aprile 2021 - 12:47

Complimenti,articolo bello e delicato “Lasciamoci guidare dal piccolo Gigante testimone del fede Domenico Savio”

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