Anche quest’anno, la giornata mondiale del malato viene celebrata l’11 febbraio: stesso giorno e stesso mese in cui fu avviata dal Santo Padre Giovanni Paolo II, nel 1992.
Questa giornata è stata istituita per esortare le persone a pregare per coloro che soffrono e per i loro assistenti, impegnati ad alleviare le loro sofferenze.
Numerosi sono gli stimoli che sollecitano i cristiani in questa in primis la consapevolezza che la dignità del malato è più importante della sua stessa malattia, che lui, chiunque esso sia deve essere guardato nella sua interezza, in tutti i suoi bisogni fisici, psichici, morali e sociali, che non dovranno mai esserci malati privilegiati e altri che vengono trascurati e che non si deve mai scartare nessuno. Gesù non si allontana mai da chi soffre, anche da coloro che non erano ritenuti degni di essere avvicinati: gli ultimi, gli scartati, ma si avvicina, li risana e li benefica.
In questa ricorrenza il cristiano deve sempre ricordare che nel malato c’è Gesù che ripete: “ero malato e sei venuto a visitarmi, “; “tutto quello che avete fatto agli altri lo avete fatto a me”. Questa giornata va vissuta all’insegna della misericordia, è lì che si gioca il tutto nel saper essere misericordiosi.
Tanti altri suggerimenti si potrebbero citare ma voglio soffermarmi sul messaggio di papa Francesco per questa XXX I giornata del malato: “Abbi cura di lui “. La compassione come esercizio sinodale di guarigione. In questo messaggio, Papa Francesco, cita il libro del profeta Ezechiele e la parabola del samaritano, per invitarci a riflettere sul fatto che, attraverso l’esperienza del dolore, della fragilità, della malattia e dell’avanzare inesorabile dell’età, possiamo camminare insieme secondo lo stile di Dio, che è vicinanza, compassione e tenerezza.
Il messaggio del papa sottolinea che l’esperienza dello smarrimento, della malattia e della debolezza fanno naturalmente parte del nostro cammino.: non ci escludono dal popolo di Dio, anzi, ci portano al centro dell’attenzione del Signore, che è Padre e non vuole perdere per strada nemmeno uno dei suoi figli.
Si tratta dunque di imparare da Lui per essere una comunità che cammina insieme.
La parabola del buon samaritano, secondo il papa, ha una profonda connessione con i molti modi in cui oggi la fraternità è negata.
Il fatto che la persona malmenata e derubata viene abbandonata lungo la strada, rappresenta la condizione in cui sono lasciati troppi nostri fratelli e sorelle nel momento in cui hanno bisogno di aiuto.
La conclusione di questo racconto evangelico, ci suggerisce come l ‘esercizio della fraternità, iniziato da un incontro a tu per tu, si possa allargare a una cura organizzata. La locanda, l’albergatore, il denaro, la promessa di tenersi sempre informati a vicenda: tutto fa pensare al ministero di sacerdoti, al lavoro di operatori sanitari e sociali, all’impegno di familiari e volontari grazie ai quali ogni giorno, in ogni parte del mondo il bene si oppone al male.
Concludendo la raccomandazione del samaritano all’albergatore: “abbi cura di lui” il papa, come Gesù, la rilancia a noi e ci esorta “va e anche tu fa così‘.”
Anch’io , a causa di una caduta mi sono ritrovata a dipendere dagli altri e a causa dell’immobilità ho avuto tanto tempo per riflettere sui bisogni e sullo stato d’animo degli ammalati cronici, ma soprattutto ho avvertito nel mio cuore un gran rimorso per non aver fatto sentire alle persone ammalate o anche con altri tipi di problemi la mia vicinanza ,il mio affetto sincero, a volte per stanchezza o per non sembrare invadente a volte per motivi importanti, anche se la mia coscienza mi dice che il tempo avrei potuto trovarlo lo stesso. Nei casi più gravi poi la giustificazione è “cosa posso dire ” così è meno doloroso portare il peso dell’altro. Allora, come dice papa Francesco, poiché la parola di Dio è sempre illuminante e contemporanea faccio mio il proposito “Avrò cura del fratello.”
Graziella Corvo