Si fa gran uso oggi del termine “periferia”. Se lo riportiamo al nostro contesto cittadino potremmo avviare una riflessione che sento forte di condividere. Non possiamo oggi disattendere quanto il mondo ci suggerisce e quei “segni” che la realtà cittadina propone non possono passare inosservati.
Il numero degli immigrati nella nostra cittadina sembra aver assunto numeri elevati ed eccesivi. Non è una novità se pensiamo che nella nostra società globalizzata questa nota caratteristica coinvolge ogni paese e ciascuna città moderna.
Nel nostro centro storico la percentuale di famiglie ivi residenti ha raggiunto numeri veramente alti. Il fenomeno ha raggiunto picchi non indifferenti e tale situazione si ripercuote soprattutto sulla scuola che svolge, o almeno dovrebbe svolgere, un ruolo importante nell’accoglienza e nell’integrazione dei bambini. Non a caso accogliere significa assumere un atteggiamento di aperture nei confronti di una realtà diversa trovando un terreno comune nel quale poter crescere insieme attraverso uno scambio costruttivo. La scuola rimane sempre il “luogo preferenziale” dell’integrazione e rappresenta anche lo sguardo al futuro a volte poco presente tra gli adulti ma attuabile tra i piccoli – grandi allievi della vita.
Nel plesso “Luigi Einaudi” sito in Piazza Unità D’Italia, appartenente all’Istituto Comprensivo “Padre Pio da Pietrelcina”, c’è un’alta concentrazione di alunni stranieri che supera di gran lunga il 30% previsto dal MIUR.
Le ragioni di questa alta concentrazione in un unico plesso piuttosto che altrove sono da addebitare a più fattori, uno dei più importanti è dato sicuramente dal fatto che il centro storico è ricco di vecchie abitazioni che sono state affittate agli immigrati visto che i vecchi proprietari si sono trasferiti nei nuovi quartieri a nord del nostro ridente paesino. Questo esagerato surplus di iscrizioni causa nei genitori italiani la preoccupazione che la presenza eccessiva di stranieri nelle classi possa causare un rallentamento del programma e perciò iscrivono sovente i loro figli in altri istituti.
Purtroppo è diffusa l’idea che la presenza di bambini stranieri è di ostacolo all’apprendimento per chi è di nazionalità italiana; di conseguenza, in una società alla ricerca della perfezione, non si può che rincorrere il meglio per i propri figli.
Questo ad un primo sguardo analitico potrebbe anche interessar poco, se non fosse che volgendo lo stesso sguardo al futuro esso non risulta nè confortante nè incoraggiante.
Ciò ha spaccato in due il paese rendendo la parte bassa di Ispica una zona ghetto rappresentata dalla scuola e dagli abitanti del vecchio quartiere ormai quasi totalmente abitato da extracomunitari.
Tutto questo si ripercuote negativamente nella scuola che è al confine, nelle quale ci si ritrova con un’utenza quasi completamente straniera. Ciò crea sicuramente, una situazione in cui si fatica ad attuare processi di integrazione, portando ad un fenomeno di segregazione scolastica che potrebbe essere circoscritto solo se riuscissimo a creare un incontro/scambio tra le famiglie, progettando interventi ad hoc per incrementare le competenze linguistiche, favorendo, in tal modo, la comunicazione tra le diverse strutture presenti sul territorio. Ogni istituto scolastico dev’essere messo nelle condizioni di poter offrire un’educazione mirata all’interculturalità e trasmettere agli studenti le basi per una convivenza civile e serena nel rispetto di tutti.
La cura delle individualità di ciascuno, italiano e straniero, è il punto di partenza ma non possiamo non pensare che questa non basti ad assicurare un promettente futuro.
Da plaudire sono gli incoraggianti progetti dell’amministrazione e di alcune agenzie educative tesi ad appianare una situazione piuttosto complessa. Questi, se per un versante migliorano l’aspetto strutturale, poco contribuiscono, dall’altro, ad arricchire il sostrato sociale che invita piuttosto ad una presa di consapevolezza e alla cura della fraternità, all’attenzione all’altro, allo straniero: tutti ingredienti fondamentali quanto mai necessari e provvidenziali. Dovremmo forse più pensare che si è più uomini e più cittadini solo insieme all’altro, solo se l’altro è accolto.
Il capitale umano è la risorsa fondamentale della città. Un elemento economico in controtendenza rispetto all’economia che ci siamo dati, basata su profitti e benessere individuale, che mette a rischio il nostro futuro. E i bambini, insieme ai luoghi del loro vivere quotidiano, rappresentano il cuore della città. La città cresce solo se la si costruisce insieme altrimenti non progredisce. E di questo abbiamo tutti, ciascuno nella sua parte, forte responsabilità.
2 commenti
Salve Padre Manlio, non posso non apprezzare il contenuto di questo articolo. Durante la lettura mi chiedevo: cosa s’intende per periferia? Dal punto di vista urbanistico è l’area più lontana della città, spesso scarsa di servizi, socialmente emarginata, strutturalmente degradata. Periferia è semplicemente l’opposto di “centro”, cuore vitale della città perché animato da attività economiche, presenza di uffici amministrativi, banche, scuole, punto di incontro e di continue relazioni sociali tra cittadini. Poi una variante del centro, è il “centro storico” della città. La parte più ricca di bellezze architettoniche, paesaggistiche. La parte più ricca di tradizioni, le nostre radici, la nostra storia, a partire dalle grotte della cava residenza dei nostri avi. L’area delle relazioni e della solidarietà spontanea e gratuita nei quartieri, nel vicinato.
Lo so, ti starai annoiando, o magari, spero, ti starai chiedendo dove voglio arrivare? Arrivo al punto caro Padre. Dapprima la periferia di Ispica era considerata la zona 167, per capirci le case popolari. È ancora considerata periferia!! Oggi, abbiamo trasformato anche il nostro centro storico in periferia, non solo urbana purtroppo, ma “periferia sociale”. Come ben rilevi, abbiamo affittato le nostre case agli stranieri, abbiamo dunque raggiunto due risultati: 1) non abbiamo speso soldi per ristrutturarle, perché cosa importa se le case hanno infiltrazioni d’acqua e/o umidità sui muri e/o infissi inadeguati, di sicuro stanno meglio che in Africa; 2) abbiamo messo a reddito abitazioni che: “speriamo cada presto, così non ci pagherò le tasse”.
Anche i nostri cuori, da cui dipende il nostro amare, hanno visto nel tempo restringere il “centro” e allargare la “periferia”. Anzi, penso proprio che il centro storico “periferia urbana e sociale” sia proprio conseguenza dell’inasprimento dei nostri cuori e dell’evolversi non positivo delle nostre relazioni sociali e della personalizzazione del significato della parola “amore”. L’amore infatti non è compatibile con l’egoismo!!!
Ebbene, la tua descrizione della realtà odierna è frutto del cambiamento della nostra comunità in termini culturali e sociali, forse anche religiosi (in questo campo non voglio però entrarci, sei più competente tu ☺️).
Condivido quanto sia importante il ruolo della politica e delle agenzie educative. La prima potrebbe avviare delle politiche tendenti a favorire l’insediamento delle giovani famiglie nel centro storico. L’amministrazione insieme alle agenzie educative potrebbe dare vita ad un progetto di scambio interculturale tra bambini di origine extracomunitaria e bambini di famiglie ispicesi, gli uni potrebbero insegnare la loro lingua agli altri. Perché solo gli stranieri devono imparare l’italiano e non anche il contrario? Sarebbe un bel modo per stare insieme divertendosi e attraverso la loro lingua entrare nel loro mondo per favorire una sana integrazione. Questo potrebbe favorire anche il contatto tra famiglie, necessario per una più veloce integrazione.
Quanto al fattore scuola credo serva un accordo tra dirigenti scolastici e amministrazione perché si organizzino classi miste adeguate a raggiungere l’obiettivo del crescere e formarsi insieme, anche imponendo ai genitori, che iscrivono i propri figli a scuola, una determinata destinazione.
È chiaro che sono argomenti che meritano dovuti approfondimenti e riflessioni, spero che anche altri alimentino un dibattito colpiti come me dalla parola che hai utilizzato per definire la nostra periferia urbana e la periferia del nostro cuore: “ghetto”.
Un abbraccio… Carmelo
P.S.: lo straniero non è soltanto la persona con il colore della pelle più scura, ma ogni persona costretta ai margini dalla nostra indifferenza e dal nostro egoismo
Giusto per precisare e prevenire incomprensioni. La zona 167 è si periferia, ma periferia urbana, intesa come zona a confine della città. Ho inteso scriverlo per evidenziare l’evolversi della situazione, come la vera periferia si sia spostata dall’area a confine della città all’area centrale, il centro storico.
Saluti… Carmelo