Una stazione ferroviaria di un piccolo paesino. Tu, imbacuccato per difenderti dal freddo, lì che aspetti. Nel silenzio solo un sordo sferragliare che si avvicina lento e dalla nebbia il delinearsi della sagoma di un treno che arriva senza essere preannunziato. Rallenta. Si ferma. È un convoglio di carri bestiame. Scendono dei soldati che chiacchierano tra di loro; un Caporale ride sguaiatamente mentre si accende una sigaretta. Dalle fessure delle prese d’aria dei carri scorgi degli occhi che ti fissano. Sono sguardi spaesati che squarciano la corazza che hai indossato per difenderti dal freddo e che ti entrano dentro fino alle viscere. Sguardi che ti interrogano: quid fecit tibi?
Una scena di quasi un secolo fa, ma quel treno non si è fermato e quegli sguardi hanno continuato a fissare ed interrogare ciascuno di noi. Sono gli sguardi di milioni di uomini, donne e bambini ai quali è stata negata anche la sacralità e la dignità di persone umane.
Sono gli sguardi di chi ha lasciato il proprio paese ed gli affetti più cari per affidare la sua speranza di un futuro ad un barcone fatiscente. Sono gli sguardi di chi quel futuro non lo può più sperare e vedere perché in quei barconi fatiscenti ha trovato la morte. Sono gli sguardi di chi, in nome di un profitto a tutti i costi, viene sfruttato, abusato, violentato nei campi e nei luoghi di lavoro. Sono gli sguardi dei nuovi e vecchi poveri che vivono immersi nel loro “pudico silenzio”, circondati dall’indifferenza. Sono gli sguardi dei bambini soldato, di quelli costretti a lavorare in fabbrica, di quelli trasformati in merce da offrire all’insano piacere del turista di turno. Sono gli sguardi delle donne e dei bambini vittime di violenza domestica. Sono gli sguardi dei giovani abbandonati al loro destino dentro i lager di un mondo ed una vita virtuale.
In questo mondo di “sguardi” la Giornata della Memoria si inserisce come momento utile per “dare uno sguardo” che parte da una immagine cristallizzata nel tempo ma che, allo stesso tempo, va anche oltre quella stessa immagine. La Giornata della Memoria diventa il momento in cui siamo invitati a passare dal “fare memoria” ad “essere memoria”; quella memoria viva e coerente che è testimonianza.
La concomitanza con i festeggiamenti di don Bosco, seppur non legati da alcuna causalità, ci aiutano a dare letture nuove, contestualizzate e vicine al nostro quotidiano.
Come don Bosco, anche noi dobbiamo avere il coraggio di incrociare quegli sguardi e di lasciarci interrogare da loro. Come don Bosco, anche noi dobbiamo avere il coraggio di entrare dentro quegli sguardi e riconoscere in essi lo stesso sguardo di quel Cristo che porta la Croce che chiede: quid fecit tibi? Come don Bosco, dobbiamo avere il coraggio di lottare contro l’indifferenza e contribuire, nel nostro piccolo quotidiano, a scrivere la storia di un Mondo perchè quel treno non passa più dalle stazioni della nostra vita.
Solo così la Giornata della Memoria avrà onorato il ricordo delle vittime di un abominio e ridarà a quegli sguardi la luce della dignità di persone umane.
1 commento
Bellissimo articolo