Nello scorso articolo, risalente alla fine di luglio, abbiamo presentato in maniera sintetica la proposta, e le sue principali ragioni, della cosiddetta etica della responsabilità, una forma di intelligenza ed agire morali necessaria ed adeguata
in un mondo sempre più tecnologico, formulata dal filosofo Hans Jonas nel 1979. L’autore de “Il principio responsabilità”, di fronte ad un mondo dall’avvenire sempre più incerto per gli squilibri violentemente causati da una presenza e da un agire umani miopi e dissennata, si faceva accorato teorico e promotore di un sapere pratico e di una condotta morale fondate e guidate da quel sentimento razionale, divenuto più che mai urgente, che è la responsabilità volta al futuro. Quanto detto possiamo condensarlo nella seguente sua espressione: “Agisci in modo che le conseguenze della tua azione siano
compatibili con la permanenza di un’autentica vita umana sulla terra”. La responsabilità per Jonas si declina innanzitutto e soprattutto come preservazione mediante l’evitamento di tutto ciò i cui probabili ed eventuali effetti a lungo termine (dopo diverse generazioni) potenzialmente si rivelerebbero capaci di mettere in pericolo l’integrità delle condizioni di una vita autenticamente umana sulla Terra.
Sulla drammatica necessità di riscoprire a livello personale e collettivo il valore umano-divino della responsabilità e la centralità di una reale etica attenta agli appelli ineludibili provenienti dalla presenza viva delle creature e, dunque, alle molteplici conseguenze di scelte, atti e condotte nei confronti delle generazioni venture, diceva papa Francesco in un’udienza del 2018: “Questo mondo esige la nostra responsabilità, e noi ce la assumiamo tutta e con amore. Gesù vuole che
la nostra esistenza sia laboriosa, che non abbassiamo mai la guardia, per accogliere con gratitudine e stupore ogni nuovo giorno donatoci da Dio. Ogni mattina è una pagina bianca che il cristiano incomincia a scrivere con le opere di giustizia e di bene”. Ha poi ricordato che “noi siamo già stati salvati dalla redenzione di Gesù, però ora attendiamo la piena manifestazione della sua signoria: quando finalmente Dio sarà tutto in tutti”.
“Nulla è più certo, nella fede dei cristiani, di questo appuntamento, di questo appuntamento col Signore, quando lui verrà”, ha aggiunto il Vescovo di Roma, e “quando questo giorno arriverà, noi cristiani vogliamo essere come quei servi che hanno passato la notte con i fianchi cinti e le lampade accese: bisogna essere pronti per la salvezza che arriva, pronti all’incontro”. “Avete pensato voi come sarà quell’incontro con Gesù?”, la domanda di Francesco a braccio: “Sarà un abbraccio, una grande gioia, questo incontro. Noi dobbiamo vivere in attesa di questo incontro”.
Non vi può dunque essere spazio per la rassegnazione e l’indifferenza: esse non sono virtù cristiane. Il futuro della Terra e delle generazioni venture, oltre ad essere dono e opera dell’Amore provvidente di Dio, è anche compito e onore affidati a quella creatura fatta ad immagine e somiglianza del Creatore che è l’uomo. “Non è da cristiani alzare le spalle o piegare la testa davanti a un destino che ci sembra ineluttabile”, ha sottolineato ancora papa Francesco all’udienza generale. “Chi reca speranza al mondo – ha spiegato – non è mai una persona remissiva. Gesù ci raccomanda di attenderlo senza stare con le mani in mano: ‘Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli'”.
L’immagine della responsabilità che ne risulta è quella della cura premurosa di quel custode che sa di essere chiamato a rispondere con rispetto e prudenza al dovere originario di continuare l’opera della creazione divina, facendosi appunto
garante della permanenza di quelle condizioni necessarie ad un’esistenza umanamente degna e ad una vita sostenibile dalle creature.
Partendo da riferimenti concettuali ed orizzonti morali ben diversi, e con preoccupazioni etiche in buona parte differenti, le precedenti affermazioni del romano pontefice si rivelano come quella giusta integrazione alle posizioni di Jonas riguardo allo sviluppo concreto del valore fondamentale e strategico di una prassi personale e collettiva informata dalla responsabilità non solo verso il presente, ma soprattutto nei riguardi dell’avvenire.
In un altro intervento rivolto in udienza agli imprenditori partecipanti ad unIncontro in occasione della Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato, il Papa, riferendosi al Santo di Assisi, diceva che “ogni contatto con le persone e le cose concrete diventava un incontro con il Creatore. Dalla sua fede in Dio derivò la sua missione per la giustizia, per la pace e il rispetto del creato”. “Anche ognuno di noi ha una responsabilità per gli altri e per il futuro del nostro pianeta. In modo simile, l’economia deve servire all’uomo, non sfruttarlo e derubarlo delle sue risorse. Oggi siamo chiamati ad avvalerci delle
possibilità che la tecnologia ci mette a disposizione, con un buon utilizzo delle risorse, aiutando in particolare i Paesi più colpiti da povertà e degrado ad imboccare la via del rinnovamento e di uno sviluppo sostenibile e integrale”, ha
aggiunto. “Il mio auspicio – ha concluso Francesco – è che gli uomini e le donne del nostro tempo, riconoscendosi tutti figli e figlie del Padre e Creatore che è nei cieli, contribuiscano sempre di più e sempre più concretamente
affinché tutti possano condividere le risorse preziose della Terra”.