La scorsa domenica la liturgia ci aveva offerto la prima tavola di un dittico che oggi viene completato. Oggi ci presenta in primo piano la storia di un rifiuto. La vicenda di Gesù, di cui si legge nel Vangelo odierno nell’episodio dell’aggressione da parte dei suoi compaesani, è un viaggio segnato dall’ostilità che ha come vertice il Calvario.
Tutto questo racconto lucano certamente non ci rallegra in questo periodo di pandemia e di ansiosa attesa…che tutto finisca presto. Ma c’è una prospettiva positiva di conforto in questo racconto lucano?
Gesù si trova a casa sua, nella sinagoga di Nazareth, il luogo dove si è nutrito della parola e dove adesso proclama chi è lui: il Signore mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare l’anno di grazia del Signore.
C’è una parola che è uno specchio per noi e così è stato per Gesù. C’era questa parola, questa profezia del profeta Isaia che per Gesù diventava il suo specchio. Era lui il compimento: il Messia. Certamente anche per noi in tutta la Bibbia c’è una parola che rispecchia chi sono io. Sant’ Ignazio di Loyola lo chiamava il “versetto infuocato” quella parola che ad un certo punto t’infiamma, t’illumina ti fa capire la verità di ciò che sei e ciò che realmente puoi dare a questo mondo; di annunciare con la forza di un profeta la bellezza dell’amore di Dio ma anche di sentirti sostenuto, amato da Dio in ogni momento.
Pensiamo a Gesù. Sì, Gesù profeta che mentre comincia a parlare…riceve varie considerazioni: chi resta meravigliato all’inizio, ma subito dopo comincia a chiedersi: perché parla così? Ma non è il figlio di Giuseppe…quello che faceva sgabelli… eresta fermo nella sua proposta disarmante per i suoi paesani. La forza di questa parola dentro di lui, questa certezza che nasce e cresce in lui perché questo suo inizio ministeriale ha l’orizzonte nella parola di Dio e non in quello che pensano e dicono gli altri. Egli non ascolta il giudizio malvagio e le proposte di favoritismo.
Sull’esempio di Gesù molti preti e laici hanno vissuto la propria vita come profeti del nostro tempo. Don Puglisi a tutti i costi è stato testimone del Vangelo; il suo versetto infuocato l’ha voluto dedicare ai giovani di Brancaccio.
Domani nella nostra parrocchia inizieranno i festeggiamenti di san Giovanni Bosco; ricordiamo anche lui come un profeta per il suo tempo. Nella Torino dell’ Ottocento è stato un prete profetico che ha aiutato tanti ragazzi abbandonati e sfruttati, tutto questo senza trovare facile accoglienza. È stato osteggiato perché dava fastidioche un prete difendesse dei ragazzi poiché c’erano molti che avevano interesse a sfruttarli e a farli lavorare per poco, dava fastidio che s’intromettesse nelle paghe e nello sfruttamento dei giovani. Hanno tentato in tutti i modi di tagliargli la strada e di ostacolarlo proprio perché era un vero profeta e ha trovato difficoltà.
E allora noi da che parte stiamo? Vogliamo stare col vero profeta che è Gesù, o con la gente di Nazareth che ha quelle quattro idee fisse, che gioca sempre su quelle e non si vuole muovere? Accogliamo lo stile di Gesù. Lasciamoci toccare e cambiare. La nostra bocca diventi profetica per parlare a nome di Dio e raccontare la sua salvezza. Vogliamo anche noi essere una comunità parrocchiale profetica, che può avere difficoltà nell’incontrare opposizione e rifiuto, ma che riesce alla fine a “passare in mezzo” e a mettersi nel cammino continuo della Parola a cominciare da OGGI.
di Salvo Donzello
4 commenti
Una riflessione molto interessante
Grazie Salvo per questo tuo delicato commento.Che la mostra bocca possa diventare profetica, per parlare a nome di Dio e raccontare la suo salvrxza, anche se incontriamo difficoltà e rifiuto .
Grazie Salvo per come hai saputo interpretare la Parola di oggi, facendoci comprendere il significato di essere Profeta.
Grazie Salvo per questa intensa e profonda riflessione…