Giorno 11 gennaio 2025 ricorre il 332° anniversario del tremendo terremoto, che colpì la Sicilia sud orientale nel 1693.
La città di Spaccaforno pagò a caro (alto) prezzo gli effetti catastrofici dell’evento sismico, non solo con la distruzione dell’agglomerato urbano, ma anche in termini di perdite di vite umane. Il trauma fu tale da renderlo indelebile nella memoria così da tramandarne il ricordo e la commemorazione inginocchiandosi alle ore 15.00 (a ventun’ora) esatte allo scoccare del tradizionale scampanio delle campane delle chiese della nuova Spaccaforno, città ricostruita sopra il Colle della Calandra, e che nel 1935 prese il nome di Ispica.
Un’antica poesia recita: “All’unnici ‘i innaru a vintinura fu ppi tuttu lu munnu ‘ na ruina piccili e ranni sutta li tumpuna”.
L’ antica città di Spaccaforno era situata presso lo sbocco sud-orientale nella bassa Cava Ispica, il toponimo attuale della località, “Forza”, dove sorge l’attuale parco archeologico, che deriva dal termine Fortilitium, ossia “piccola fortezza”.
Al suo interno sorgeva la dimora fortificata dei feudatari della famiglia Statella. Ai piedi del castello si trovava l’antico abitato di Spaccaforno con l’agglomerato urbano che era in parte nelle grotte: entrambi vennero distrutti dal terremoto del 1693.
Antonio Caruso fece costruire subito, fin dal 1453, la nuova Chiesa della SS. Annunziata che era gestita dall’omonima Arciconfraternita sotto l’alta protezione dei Signori di Spaccaforno, così come tutti i documenti successivi, più o meno direttamente, ne confermano l’acquisto del feudo (1453).
Erano stati costruiti dalla Famiglia Caruso nel XIV- XVI secolo non solo gli edifici, ma anche molte case e la chiesa Santa Maria della Nunciata (nel manoscritto ricorre spesso questa citazione sulla chiesa: ecclesiam Sante Marie de Nunciata; construit fecit domos et quandam ecclesiam sub vocabulo Sante Marie de Nunciata; quandam ecclesiam sub vocabulo Sante Marie di Nunciata; quaedam ecclesia sub vocabulo Sante Marie de Nunciata; ecc.).
Quanto rimane della Chiesa con le lastre tombali nel suo sottofondo testimoniano la volontà di quanto aveva prescritto nel suo testamento Nicolò Caruso, figlio di Antonio, che aveva lasciato tra le sue ultime disposizioni come Barone di Spaccaforno la sua volontà di essere sepolto (morì nel 1474) assieme alla prima moglie Isabella Asmundo nella chiesa della SS. Annunziata, il cui pavimento era adibito a sepolture come si ricava dai Registri dell’Archivio della Chiesa Madre, dove riposa uno degli ultimi eredi della Famiglia Statella.
Dai documenti rinvenuti e da un manoscritto inedito del vicario foraneo don Francesco Franzò, si sa che “la Chiesa della SS. Annunziata era fra le migliori di quelle esistenti nel paese, non cedendo né alla Madrice, né a quelle di Val di Noto”. Era a croce latina, aveva sette altari: l’altare maggiore dedicato alla SS. Annunziata; gli altari del SS. Cristo con la Croce sulle spalle e quello del Cristo Resuscitato; l’altare delle Sante Reliquie e quello della Madonna dell’Itria (“immagine bellissima e antichissima, di somma devozione e riverenza). Nello sgabello si leggevano queste parole: Fatta con elemosina delli Confrati – MCCCCLX. Ciò significa che già nel 1470 l’Arciconfraternita esisteva e con proprie donazioni ed opere curava ed abbelliva la chiesa, considerata tra le migliori dell’intero Val di Noto.
La costruzione di un edificio religioso comportava che oltre al suo orientamento rispettasse anche la conformazione di un impianto preciso. L’impianto a croce latina nella pianta delle basiliche adibite a culto religioso comincia a comparire a seconda della larghezza e lunghezza del corpo centrale rispetto ai laterali, per cui si parla di pianta a croce latina per le chiese in cui la navata e il transetto hanno lunghezza differente e si intersecano ad angolo retto.
Richiama la forma del Crocifisso: simbolo molto significativo nella tradizione cristiana.
La nuova Basilica, costruita successivamente al terremoto del 1693, rimane stretta connessione sempre con il vecchio sito: dalla sua dedicazione sempre alla Vergine Annunziata al culto del Padre alla Croce, ritrova come filo conduttore non solo il pellegrinaggio annuale dei devoti nei venerdì santo giubilari, ma il rivolgere sempre lo sguardo a quella croce eretta a ricordo delle vittime che in quel posto trovarono la morte.
La Croce simbolo della cristianità è simbolo di rinascita per chi crede e se ne fa vanto come scrive San Paolo.
In questo giorno commemorativo, l’11 Gennaio, la Comunità della SS. Annunziata si recherà nel sito dell’antica Annunziata a visitare il sito ed ad accendere la nuova illuminazione della croce lignea che l’Arciconfraternita in comune accordo con la Sovrintendenza dei Beni Culturali, ha recentemente restaurato: “una luce per non dimenticare le vittime del terremoto dell’11 gennaio 1693”… del resto è una croce che a distanza di secoli sa e vuole sapere di rinascita nella fede del Cristo Risorto.
di Nicole Caruso
In foto: La croce posizionata nel sito ove sorgeva l’antica Basilica della SS. Annunziata nell’attuale Parco Archeologico della Forza.