Gennaio, mese dedicato alla pace. Quale miglior occasione per poter riflettere su questa tematica tramite l’enciclica di San Giovanni XXIII sulla pace tra gli uomini e nel mondo prossima ai 60 anni dalla sua promulgazione, datata 11 Aprile 1963, destinata a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, credenti e non credenti.
Essa si divide in quattro parti: si parte dai rapporti tra gli esseri umani, poi degli esseri umani con i poteri pubblici all’interno delle proprie comunità politiche, intese come le città e i paesi dove abitiamo: da lì poi si parte sul rapporto tra le varie comunità politiche per sfociare poi nei rapporti tra gli esseri umani e le comunità politiche e la comunità mondiale con una annotazione sui segni dei tempi.
La Pace in terra, anelito profondo degli esseri umani di tutti i tempi, può venire instaurata e consolidata solo nel pieno rispetto dell’ordine stabilito da Dio.
I progressi delle scienze e le invenzioni della tecnica attestano come negli esseri e nelle forze che compongono l’universo, regni un ordine stupendo; e attestano pure la grandezza dell’uomo, che scopre tale ordine e crea gli strumenti idonei per impadronirsi di quelle forze e volgerle a suo servizio…Con l’ordine mirabile dell’universo continua a fare stridente contrasto il disordine che regna tra gli esseri umani e tra i popoli; quasicché i loro rapporti non possono essere regolati che per mezzo della forza. (Pacem in Terris, vv. 1-4)
La pace è il desiderio profondo di tutti gli esseri umani che vivono sulla terra e può esserci solo nel rispetto dell’ordine costituito da Dio: i vari progressi non fanno altro che attestare come anche negli esseri umani regni un ordine stupendo ma che tuttavia contrasta il disordine umano e mondiale e i loro rapporti pare non possano essere regolati se non con l’uso della forza: una deviazione, spiega l’enciclica, sta nel fatto che si ritiene che i rapporti di convivenza tra gli uomini e le donne e le comunità cittadine sono regolate da leggi la cui natura è irrazionale poiché proprie dell’universo quando invece questo tipo di rapporti vanno regolati da una natura diversa, quella umana.
Il primo ordine a chiedere di essere rispettato è quello tra gli esseri umani: se manca questo non si può andare avanti.
In una convivenza ordinata e feconda va posto come fondamento il principio che ogni essere umano è persona cioè una natura dotata di intelligenza e di volontà libera; e quindi è soggetto di diritti e di doveri che scaturiscono immediatamente e simultaneamente dalla sua stessa natura: diritti e doveri che sono perciò universali, inviolabili, inalienabili. (Pacem in Terris, v.5)
Quali sono questi diritti? Il primo è il diritto di esistere: non si può rinnegare il prossimo evitandolo solo perché non piace il suo modo di pensare, il suo colore della pelle o le sue convinzioni religiose, piuttosto vanno accettate e rispettate oppure nessuno può decidere se una persona ha diritto di decidere su altri se deve esistere o meno, inteso sia fisicamente sia verbalmente.
Tutto questo comporta il diritto ad un tenore di vita dignitoso come l’alimentazione, il riposo, le cure mediche e i servizi sociali necessari e quindi il sostegno in caso di malattia, vedovanza, disoccupazione, ecc.
Ogni essere umano ha diritti morali e culturali: ha diritto al rispetto della propria persona e alla propria buona reputazione, di cercare il vero e di dire la propria opinione (entro i limiti consentiti dall’ordine morale e dal bene comune) così come avere una propria istruzione e formazione, il diritto alla libertà di culto di Dio privato e pubblico così come si ha diritto alla possibilità di scegliere liberamente il proprio stato: sia che vogliano formare una famiglia, in parità di diritti e doveri tra uomo e donna, così come seguire la vocazione alla vita religiosa o al sacerdozio.
La famiglia, intesa fondata su un matrimonio contratto liberamente ed indissolubilmente, in tutto questo, va considerata come il nucleo essenziale della società a cui vanno riconosciuti tutti i riguardi sociali, morali ed economici che la aiutino nell’adempimento di questa missione.
Altri diritti sono quelli attinenti al mondo economico:
Agli esseri umani è inerente il diritto di libera iniziativa in campo economico e il diritto al lavoro (Pacem in Terris, v. 10)
Ad essi sono collegati il diritto a condizioni di lavoro adeguate sia in termini di sanità fisica che del buon costume e, riguardo alle donne, diritto a condizioni di lavoro conciliabili con il loro ruolo di spose e madri: dalla dignità umana scaturisce anche il diritto di svolgere attività economiche in attitudine di responsabilità.
Dall’intrinseca socialità umana scaturisce il diritto a riunirsi e ad unirsi in associazione per il perseguimento dei propri obiettivi con una struttura che si ritiene la più idonea, muovendosi di propria iniziativa responsabilmente per il raggiungimento di detti obiettivi.
Gli ultimi, ma non meno importanti, diritti che elenca il documento sono il diritto ad emigrare e ad immigrare qualora legittimi interessi lo consigliano. Trasferendosi da una determinata città ad un’altra questa non comporta la perdita della propria identità, dato che tutti facciamo parte della stessa comunità e poi c’è il diritto a contenuto politico dove ogni essere umano ha diritto di prendere parte alla vita pubblica e dare un proprio contributo personale al bene comune.
Dai diritti però scaturiscono anche i doveri:
Il diritto, ad esempio, di ogni essere umano all’esistenza è connesso con il suo dovere di conservarsi in vita; il diritto ad un dignitoso tenore di vita con il dovere di vivere dignitosamente; e il diritto alla libertà nella ricerca del vero è congiunto con il dovere di cercare la verità, in vista di una conoscenza della medesima sempre più vasta e profonda.
Il primo dovere è quindi verso sé stessi, da lì poi scaturiscono i doveri di riconoscere ed accettare quel diritto verso gli altri esseri umani e poi c’è la mutua collaborazione:
Non basta, ad esempio, riconoscere e rispettare in ogni essere umano il diritto ai mezzi di sussistenza: occorre pure che ci si adoperi, secondo le proprie forze, perché ogni essere umano disponga di mezzi di sussistenza in misura sufficiente. (Pacem in Terris, v. 16)
La convivenza umana, allora, è ordinata qualora si fonda sulla verità, nell’effettivo rispetto di quei diritti e nel leale adempimento dei propri doveri, integrata dall’amore e realizzata dalla libertà nel modo cioè che si addice alla dignità di esseri portati dalla loro stessa natura razionale ad assumere la responsabilità del proprio operare.
Il secondo capitolo della Pacem in Terris riguarda il rapporto degli esseri umani e i poteri pubblici nelle proprie comunità politiche (città):
La convivenza fra gli esseri umani non può essere ordinata e feconda se in essa non è presente un’autorità che assicuri l’ordine e contribuisca all’attuazione del bene comune… (Pacem in Terris, v. 26)
L’autorità viene definita da Papa Giovanni non come una forza incontrollata ma come coloro che hanno la facoltà di ordinare le cose secondo ragione¸ soprattutto perché essa è una forza morale che deriva da Dio.
Tuttavia per il fatto che l’autorità deriva da Dio, non ne segue che gli esseri umani non abbiano la libertà di scegliere le persone investite del compito di esercitarla; come pure di determinare le strutture di poteri pubblici, e gli ambiti entro cui e i metodi secondo i quali l’autorità va esercitata. Per cui la dottrina sopra esposta è pienamente conciliabile con ogni sorta di regimi genuinamente democratici (Pacem in Terris. v. 31)
Tutto questo ha come scopo il Bene comune, la cui attuazione costituisce la principale essenza dei poteri pubblici essendo un bene, quello comune, a cui tutti i membri di una comunità politica hanno il diritto di partecipare, ognuno secondo il proprio grado e capacità
“il bene comune consiste nell’insieme di quelle condizioni sociali che consentono e favoriscono negli esseri umani lo sviluppo integrale della loro persona” (Pacem in Terris, v. 35)
È un’esigenza del bene comune che i poteri pubblici contribuiscano positivamente alla creazione di un ambiente nel quale a tutti i membri della società sia reso possibile e facilitato l’effettivo esercizio dei propri diritti e l’adempimento dei propri doveri: è ampiamente dimostrato, infatti, che qualora manchi un’appropriata azione dei Poteri pubblici, gli squilibri economici, sociali e culturali tra gli esseri umani tendono, soprattutto nella nostra epoca, ad accentuarsi…
Non è possibile, spiega l’enciclica, una volta per sempre stabilire quale sia la struttura migliore su come organizzarsi i poteri pubblici poiché le situazioni storiche sono sempre in continuo mutamento ma si ritiene rispondente ad esigenze insite nella stessa natura degli uomini l’organizzazione giuridico-politica della comunità umana, fondata su una conveniente divisione dei poteri in corrispondenza alle tre specifiche funzioni dell’autorità pubblica e cioè quella legislativa, amministrativa e giudiziaria.
Concludo questa prima parte riguardante i primi due capitoli della Pacem in Terris (rimandando ogni riflessione al prossimo articolo dove continueremo a parlare dei restanti capitoli del documento giovanneo riguardanti i rapporti tra le comunità politiche e i rapporti tra esseri umani e comunità politiche nella comunità mondiale) dicendo che è quindi un’esigenza degli esseri umani in quanto tali e portatori di diritti e doveri prendere parte attiva alla vita pubblica e l’avvicendarsi dei responsabili nei Poteri pubblici nelle loro tre funzioni principali ne impedisce l’invecchiamento e assicura il loro rinnovarsi in risposta all’evolversi della società.
(nella foto: Papa Giovanni XXIII firma l’enciclica Pacem in Terris l’11 Aprile 1963)
1 commento
Giovanni,come sempre i tuoi articoli sono, a dir poco eccezionali.”La pace è il desiderio profondo di tutti gli uomini che vivono sulla terra e può essere realizzata soltanto nel rispetto dell’ ordine costituito da Dio.” Bravissimo