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Il dolore di Cristo, un dolore che accompagna la nostra vita

da Giovanni Fronte
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Venerdì Santo 7 Aprile 2023. Una data storica per tanti motivi: non solo perché, secondo i biblisti essa è una delle date in cui può essere avvenuta storicamente la crocifissione di Cristo (Venerdì 7 Aprile del 30 D.C.), ma perché, dopo l’assenza delle processioni avvenute a causa della pandemia tra il 2020 e il 2021 e con restrizioni nel 2022 si è tornati alle nostre consuete usanze, senza restrizioni.

Non solo: la mattina del Venerdì Santo abbiamo ricevuto la visita del neo consacrato Vescovo di Noto, Mons. Salvatore Rumeo, succeduto a Mons. Antonio Staglianò trasferito a Roma, partecipando al rito della “caduta delle porte” o “svelamento” del SS. Cristo che porta la croce. Penso sia la prima volta che un Vescovo della Diocesi abbia partecipato a tale rito, e infine, ma non per importanza, il 30 anniversario della ripresa della processione del SS. Cristo con la Croce portato a spalla dai devoti e portatori.

Ma andiamo con ordine.

La mattina del Venerdì Santo, per noi devoti, inizia già all’alba con l’apertura delle porte della Basilica, preceduto dalle lodi mattutine del Venerdì Santo, e il ringraziamento all’altare del SS. Cristo che porta la croce, ringraziamento che durerà tutta la mattinata.

Alle ore 11.00, come di consueto, è avvenuta il consueto svelamento o caduta delle porte da parte di Mons. Salvatore Rumeo con la seguente omelia:

“Giorno di dolore e di sofferenza per tutti quelli che credono nella potenza dell’amore di Gesù, perché oggi, carissimi fratelli e sorelle, carissimi amici noi facciamo memoria del dolore di Cristo, delle sue cadute.

Facciamo memoria della nostra salvezza, perché dalle sue piaghe e per le sue ferite noi siamo stati salvati, siamo stati redenti. Questa è la fede dei cristiani, che riconoscono nella croce di Gesù il segno della potenza di Dio. Il figlio dell’Uomo non è venuto per essere servito, ma per servire: è questo il grande insegnamento di Cristo crocifisso, è questo il grande insegnamento che i cristiani, nel corso dei secoli, hanno accolto; con gioia, con fede.

È il dolore di Cristo, carissimi amici, che nei momenti di grande sofferenza ci sostiene: è nel suo dolore che vogliamo contemplare la sofferenza di tante persone ammalate, degli afflitti, di chi soffre spiritualmente e moralmente, di chi, ogni giorno, versa lacrime di dolore e quelle nostre lacrime sono le lacrime di Cristo, così come le lacrime di Cristo sono le nostre.

Quanta sofferenza nel mondo oggi, ma non solo nella vita degli altri ma anche nella nostra vita, nei nostri comuni, nelle nostre case: per questo noi ricorriamo a Cristo Gesù che ci ha redenti, ci ha salvati e come buon samaritano diventa nostro compagno di viaggio.

Ma il Venerdì Santo, carissimi amici, ci ricorda anche che siamo in attesa: l’attesa del primo giorno della settimana, quando le donne si recarono al sepolcro per compiere un ultimo gesto: prima, forse, pensavano di dimenticare Gesù perché chi va alla morte appartiene al passato: un ultimo gesto nei confronti di quel corpo che aveva subito violenza. Ecco la novità di vita: il sepolcro vuoto. È l’annuncio del Risorto, è un annuncio che ci raggiunge, per cui, carissimi amici, carissimi fratelli e sorelle la vostra presenza qui, la vostra partecipazione, la vostra fede è già anticipo di resurrezione. Siete il segno della risurrezione: la vostra fede, la fede che ho riscontrato qui ad Ispica è il segno della nostra rinascita perché, per tutti, c’è il giorno della resurrezione, c’è la fioritura della vita, coltiviamo la nostra speranza. Ieri ed oggi (giovedì e venerdì santo n.d.r.) ho potuto contemplare la vostra fede, la fede di tanti ragazzi che continuano a sperare, a credere in Gesù perché voi, cari ragazzi, cari giovani…non siete il futuro, non siete il nostro domani…voi siete l’oggi della Chiesa!

Riponiamo tanta fiducia nella vostra fede e nel vostro operato, così come nella fede e nell’operato di tante giovani famiglie che ho incontrato questa mattina. Animati da questa speranza, vogliamo accompagnare Cristo verso la croce, vogliamo far nostro il suo dolore perché lui condivide le nostre sofferenze, le nostre lacrime. Di questo noi siamo certi: questa è la nostra fede, questa è la nostra speranza: il dolore di Cristo, un dolore che accompagna la nostra vita. Ci siamo rivolti a Cristo in molte occasioni e sulla croce Cristo avverte un senso di profonda amarezza: perché mi hai abbandonato?: si rivolge al Padre, lui che non vede ai piedi della croce i suoi discepoli, tradito e rinnegato dagli amici più stretti: è il suo abbandono. Lo avete cantato: Popolo mio, che male ti ho fatto? In cosa ti ho rattristato? Volgiamo, allora, al Signore i nostri occhi: lui conosce ciò che c’è nel nostro cuore. Spalanchiamo il nostro cuore a Cristo, così come ci invitava San Giovanni Paolo II e orientiamo la nostra vita alla primavera, così come fece 200 anni fa, San Giovanni Bosco: santi dei giovani, santi che hanno creduto nella vita dei giovani e questa nostra Chiesa di Noto crede nei giovani, nella loro fede e nel loro contributo.

Venerdì santo, giorno di dolore, giorno di fede, speranza e carità: Eppicciuotti, Eppicciuotti, Eppicciuotti!”

Al termine dell’omelia, tra i consueti canti ed invocazioni, Il SS. Cristo con la croce viene portato al centro della Basilica, dove i portatori e devoti intonano un canto, tradizionalmente chiamato “Sono stati i miei peccati…” per poi riprendere la venerazione da parte dei fedeli.

Nel pomeriggio, dopo la solenne funzione liturgica dell’adorazione della croce, ha inizio la processione del SS. Cristo con la croce preceduto, come di consueto, dalla Cavalleria Romana salendo dal Corso Garibaldi, attraversando la Piazza Unità d’Italia e risalendo dal Corso Umberto.

Un percorso per me particolare (scusatemi la breve confidenza) avviene quando, all’inizio del Corso Umberto, la processione va avanti tra le bancarelle…può sembrare una cosa poco consona ad un rito sacro, ma chi ha percorso la Via Dolorosa di Gesù a Gerusalemme sa che è una strada molto affollata e piena di mercatini: ecco perché, almeno personalmente, rievoca un tratto del cammino di Gesù nella via verso il Calvario.

Inizia così, quindi, il percorso che porta al tradizionale incontro con Maria SS. Addolorata nella Basilica di Santa Maria Maggiore e successivamente alla suggestiva Via delle Regioni, tradizionalmente percorsa al buio e illuminata da fiaccole con un sottofondo musicale che invita alla riflessione e alla preghiera. Lungo il tragitto, poi, ci si ferma al Largo Paolo Ferlisi per un momento di preghiera dove abbiamo ricordato tutti i giovani dell’associazione defunti e il nostro sempre caro Don Paolo, per poi riprendere il percorso.

Un altro momento molto importante è l’arrivo del simulacro di fronte alla sua vecchia Basilica prima del terremoto: un momento di preghiera che ci unisce ai nostri antenati e che lega la vecchia Spaccaforno alla nuova Ispica…un legame che si rinvigorisce di anno in anno. È l’ultimo tratto che immette al ritorno in Basilica, accompagnato sempre dai suoi fedeli, con i confrati ad illuminarne l’ultimo tratto con i bengala, e portato a spalla dai devoti portatori, i quali, stremati, lo accompagnano fino alla fine quando il simulacro dalla Vara viene rimesso nella sua nicchia in attesa del prossimo venerdì santo, nel 2024.

(nella foto: Omelia di Mons. Salvatore Rumeo il Venerdì Santo 2023)

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