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Giaele, Sisara e la saggezza di Debora

da Redazione
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Intanto Sìsara era fuggito a piedi verso la tenda di Giaele, moglie di Cheber il Kenita, perché vi era pace fra Iabin, re di Asor, e la casa di Cheber il Kenita. Giaele uscì incontro a Sìsara e gli disse: «Férmati, mio signore, férmati da me: non temere». Egli entrò da lei nella sua tenda ed ella lo nascose con una coperta. Egli le disse: «Dammi da bere un po’ d’acqua, perché ho sete». Ella aprì l’otre del latte, gli diede da bere e poi lo ricoprì. Egli le disse: «Sta’ all’ingresso della tenda; se viene qualcuno a interrogarti dicendo: «C’è qui un uomo?», dirai: «Nessuno»». Allora Giaele, moglie di Cheber, prese un picchetto della tenda, impugnò il martello, venne pian piano accanto a lui e gli conficcò il picchetto nella tempia, fino a farlo penetrare in terra. Egli era profondamente addormentato e sfinito; così morì.

(Gdc 4,17-21)

Sono numerose le pagine bibliche grondanti sangue: esse, però, non ci devono scandalizzare, perché la Rivelazione non è una parola sospesa nei cieli e comunicabile solo con l’estasi mistica, ma è concepita come un seme o un germe che si apre la strada nel terreno sordo, opaco e striato di sangue della storia. La miseria dell’uomo e la grandezza di Dio nella Bibbia camminano insieme.

 

In questo terzo pannello, vediamo raffigurata una delle azioni più cruente dei racconti dell’Antico testamento: Giaele che uccide Sisara conficcando un picchetto da tenda nelle tempie di Sisara.

Veniamo ai fatti. Ci troviamo ai primi capitoli del libro dei Giudici. Nel precedente libro, avevamo lasciato Giosuè (succeduto a Mosè alla guida di Israele) che aveva conquistato parzialmente la Terra Promessa e le 12 tribù di Israele si spartirono il territorio.

Non di rado, accadeva che alcune tribù subissero attacchi di popoli e nel caso specifico, si erano particolarmente inaspriti i rapporti con i Cananei.

Nel contesto storico che ruota attorno alla trattazione della storia di oggi, Israele non era ancora governata da una monarchia, dunque Dio suscitava persone, chiamate “giudici”, che in modo carismatico (e non istituzionale) diventavano capi dei movimenti di liberazione, una sorta di governatori locali.

I giudici più famosi sono: Gedeone, Sansone e Jefte. Fra i tanti si distingue anche una donna: Debora.

Iabin era il re dei Cananei (regnava nella città di Asor) il quale aveva 900 carri da guerra e da vent’anni opprimeva gli Israeliti. Sisara era il feroce capo del suo esercito.

Debora, ispirata da Dio, manda a chiamare Barak a guidare gli Israeliti e gli dice di attaccare senza remore l’esercito di Iabin. Quando si scatena la battaglia, un fortissimo temporale blocca i carri cananei rimanendo impantanati nella pianura settentrionale della Terrasanta. In questo scenario di panico i militari si disperdono inseguiti dagli ebrei. Sìsara fugge verso un accampamento Kenita e si introduce nella tenda di Cheber.

A questo punto un’altra donna compare nella vicenda odierna: è Giaele, la moglie di Cheber, donna scaltra e coraggiosa, che scegliendo di schierarsi dalla parte dei più deboli, incrociando lo sguardo dello sfiancato Sisara, non teme di fingersi debole e paurosa; dopo averlo accolto nella tenda con l’inganno, dapprima gli offre una vivanda, quindi lo invita a riposarsi. Sfinito dalla battaglia, appena il Cananeo, si addormenta, Giaele prende un piolo da tenda e glielo conficca nelle tempie. Colpito da circostanze avverse, e senza il loro capo, l’esercito cananeo, malgrado la superiorità numerica e l’armamentario da guerra indiscutibilmente molto più sofisticato rispetto all’esercito israelita, viene completamente annientato.

Al centro di questi passi della Parola di Dio dominano due figure femminili che ci ricordano, con le loro gesta, che non si può stare di fronte al male e all’ingiustizia senza fare nulla, che occorre svegliare la coscienza fraterna e la responsabilità personale, con forza e determinazione.

Abbiamo visto il Popolo di Israele costantemente oppresso. L’iniziativa di combattere per la sua liberazione viene da Dio, ma chi percepisce questo desiderio dell’Altissimo è Debora e non Barak: come fu Eva a guidare Adamo nel male è anche Debora a condurre Barak nel bene.

Questa donna forte, che parla in nome di Dio, che porta il fuoco di Dio, non si limita a risolvere le cause del suo popolo: si ritiene investita dall’alto per portare la giustizia di Dio, ravvivando gli animi della sua gente e accendendo in essi, dopo molti anni, la voglia di riscatto.

Debora sa leggere la storia secondo la volontà di Dio. Era stata scelta per essere giudice del popolo, è diventata la guida di Israele per fare la giustizia di Dio. Questa sua capacità le deriva dal fatto di essere profetessa, intimamente legata alla parola del Signore: fa memoria dell’intervento liberatore di YHWH, interpreta il presente secondo la sua volontà e prevede il futuro che è nelle mani di Dio.  L’azione di Giaele, consente di adempiere alla promessa pronunciata da Debora anzitempo: “Sarà nelle mani di una donna che il Signore consegnerà Sisara”(Gdc 4,9). Per il ruolo che ebbe, di lei si canterà: “Benedetta fra le donne è Giaele” (Gdc 5,24).

Cosa impariamo da Giaele? Lei ebbe spirito d’iniziativa e coraggio. La sua storia dimostra che Dio può guidare gli eventi perché le profezie si adempiano e se glieLo permettiamo.

Anche noi, sull’esempio di Debora, possiamo e dobbiamo nutrirci della Parola di Dio se veramente vogliamo cercare il Regno del Signore e la sua giustizia. La parola di Dio è la chiave per interpretare il nostro presente, per fare memoria del passato e per leggere i segni del futuro.

Grazie a Debora e Giaele, Israele conoscerà la pace per altri quarant’anni.

Scorrendo la Bibbia, non solo Debora e Giaele, ma una moltitudine di donne presenti nell’Antico Testamento, prefigurano l’azione corredentrice di Maria.

La madre di Gesù illumina tutta la Bibbia e la vita della Chiesa. Colei che segna il passaggio da Israele alla Chiesa, è come il ponte che unisce i due Testamenti. In lei converge tutta l’Antica Alleanza e, per quanto le è stato detto, nasce la novità della fede. In Lei possiamo contemplare tutte le virtù delle donne forti di Israele.

di Donato Bruno

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