Ci sono storie che si nascondono dietro le pareti di una casa, ferite invisibili che rimangono aperte; Marianna Marando ha raccontato a noi il suo vissuto, tramite il suo libro e l’introduzione di Evelina Barone, sabato scorso 26 Ottobre presso il salone parrocchiale della SS. Annunziata.
L’autrice è una donna che ha saputo trasformare il dolore del passato in una prospettiva di speranza per il presente e il futuro e che trasmette questo forte messaggio soprattutto ai giovani. Soffermandosi sia sul titolo del libro che sulla sua copertina l’elemento ricorrente è la Tigre, animale che lei sogna e che la conduce nella foresta fino a sua nonna, fulcro della sua vita. Rappresenta la sua forza d’animo e la sua tenacia.
Marianna racconta la sua infanzia tormentata dal violento rapporto tra i genitori, tutte le emozioni e le paure provate da un’innocente bambina che partivano spesso dalla tavola; un momento di ritrovo felice per le altre famiglie per lei diveniva un incubo dal quale tentava di scappare leggendo ogni etichetta lì presente ed immaginando le particelle d’acqua dentro le bottiglie nuotare col sorriso.
La situazione familiare tormentata è il fiume in cui la bambina naviga, fiume dal quale lei vuole tirar fuori più persone possibile diffondendo la sua storia e aumentando la consapevolezza nei giovani, vengono descritti gli scenari in modo crudo e reale per far comprendere a chi legge i sentimenti provati durante la sua traversata.
L’autrice è stata spronata dalla voglia di aiutare e di testimoniare, enfatizzando l’importanza di saper leggere gli sguardi di chi ci circonda, avendo a cuore la felicità e la tranquillità di ogni amico, familiare o conoscente. Oggi lei ha una famiglia felice e ha promesso a sè di essere il genitore modello che non ha avuto.
Elemento chiave dell’incontro sono stati due semplici fogli di carta e una penna, nel primo ognuno ha espresso una paura da superare che è stato poi strappato al centro della stanza per indicare un’unione, il fatto che non siamo soli; nell’altro un sogno a cui teniamo, simbolicamente custodito in una busta da tenere. Spesso chi vive in questi contesti familiari non ha la possibilità di sognare, trovandosi davanti a un muro formato da pensieri negativi e sentendosi inermi davanti alle violenze, il sogno nella busta è invece un modo per custodirlo, non lasciando che nessuno infranga le speranze del bambino che abbiamo dentro.
di Marian Tornea