La notizia del ritrovamento di 3 cadaveri, dei quali un bambino di un anno circa, sulle spiagge della Libia dovrebbero smuovere le nostre coscienze, troppo intorpidite dal lockdown e da una pandemia che ha aumentato ancora di più la paura di spingere il nostro cuore oltre la porta delle nostre comode abitazioni.
Una notizia che dovrebbe indignarci, perché non si può rimanere insensibili davanti all’assurdità di una morte trovata mentre si stava cercando la vita ed un futuro un tantino migliore. Una notizia che dovrebbe lasciarci sgomenti e sconcerti nell’apprendere che quei corpi sono rimasti per ben tre giorni abbandonati sulla battigia.
È bastato, invece, un solo misero giorno perché il tutto cadesse nel silenzio e nell’indifferenza generale. Nessun titolone sui giornali, nessun flash-mob, nessun dibattito nei talk show. Eppure è trascorso solo un anno da quando il mondo intero si indignò per la storia del piccolo Alyan “dalla maglietta rossa” e noi siamo le stesse persone che, davanti alle immagini atroci di quel corpicino inerme, ci chiedevamo il perché di quella morte così assurda.
Davanti a tutto questo è facile lasciarsi prendere dallo sconforto; è facile perdere ogni speranza; è facile pensare che tutto il mondo si sia chiuso nel suo egoismo e non riesca più a provare compassione per l’altro.
“Fa più rumore un albero che cade che una intera foresta che cresce”!
Al rumore dell’indifferenza, allora, noi vogliamo provare a metterci all’ascolto del silenzioso crescere della foresta. Al rumore di chi vorrebbe uccidere la speranza, noi vogliamo gridare ed amplificare il silenzio di piccoli gesti di condivisione.
Lo vogliamo fare raccontando una storia.
Vogliamo raccontare la storia dell’amicizia tra la Parrocchia di Lukanga e quella di S. Pietro in Modica che si fa “seme caduto nel terreno buono”.
Vogliamo raccontare la storia di un Vescovo, Mons. Nicolosi, che, in occasione del suo 25° anniversario di episcopato, aveva pensato di devolvere tutti i doni ricevuti per una microrealizzione in una Chiesa locale del terzo mondo e che, guardando a quel “seme di amicizia”, vede i tempi maturi perché si instaurasse un rapporto più inteso tra le due Chiese locali, coinvolgendo le due rispettive Diocesi in un gemellaggio che rendesse maggiore visibilità alla comunione tra le due comunità e tornasse a vantaggio di una reciproca edificazione.
Vogliamo raccontare la storia di tantissimi sacerdoti e laici della nostra Diocesi che, nel corso degli anni, si sono spesi per portare in quella terra la propria esperienza e che hanno messo a disposizione le proprie conoscenze e capacità per contribuire alla crescita, “nella carne e nello spirito”, di quella popolazione.
Vogliamo raccontare una storia che, dal lontano 1988, ha visto crescere e radicarsi sempre più quel rapporto di condivisione con i fratelli della Diocesi di Butembo-Beni, tanto da far sorgere nel cuore di Mons. Staglianò l’idea di rafforzare il rapporto tra le due Chiese locali attraverso un “Nuovo protocollo” che, confermando le azioni del passato, guardasse oltre e verso una piena e reciproca condivisione e cooperazione. Un protocollo che vede la luce nel 2010 e che, tra le tante cose, ha consentito la nascita di una importante clinica cardiologia nella Diocesi di Butembo-Beni.
Vogliamo raccontare una storia che, in oltre 30 anni, ha visto radicarsi un fraterno rapporto di condivisione e fratellanza ed ha visto realizzare importanti progetti come la clinica cardiologica “Pino Staglianò”.
Vogliamo raccontare una storia alla cui scrittura hanno contribuito anche la nostra Comunità parrocchiale con alcuni dei suoi membri che, nel silenzio e con semplicità, hanno voluto far sentire ai fratelli della Diocesi di Butembo Beni tutta la loro fraterna vicinanza.
Storie nella storia. Come quella di don Vittorio Curto che, durante la sua vita terrena, ha sostenuto con donazioni economiche una classe della scuola di Butembo Beni. Un impegno che don Vittorio Curto ha voluto si protraesse nel tempo, anche dopo la sua morte. È, infatti, di questi giorni la notizia della pubblicazione delle sue volontà testamentarie con le quali impegna espressamente il proprio erede a provvedere al versamento annuale delle somme necessarie per continuare la propria opera di condivisione e fratellanza.
Un piccolo gesto che riempie il cuore e che rinvigorisce la speranza in una nuova Umanità.
In foto: Una classe scolastica presso l’Istituto di Musinene adottato per l’iniziativa voluta da Don Vittorio Curto
1 commento
Complimenti,l’articolo mi ha commosso tantissimo Sempre disposta a continuare la mia opera di condivisione,aiuto e fratellanza.