La festa di San Giuseppe ci offre la possibilità di riflettere sul nostro modo di essere mariti e padri.
Giuseppe è un buon marito e un buon padre: è un buon padre perché è un buon marito ed è un buon marito perché è un buon padre.
Chi è un buon marito oggi?
Chi ama la moglie come “la propria carne”.
Chi sa offrirle la propria forza per sostenerla e contemporaneamente sa affidare al suo grembo la propria vulnerabilità.
Chi sa stimarla nella sua diversità consapevole che gli viene offerta una nuova prospettiva da apprendere.
Chi sa preferirla a sé stesso quando le circostanze della vita lo rendono necessario.
Chi sa custodirla dal rischio di considerarla un oggetto mettendola al riparo da ogni tentazione proprietaria.
Chi, nella buona come nella cattiva sorte, si sente impegnato a restarle accanto e a mettersi in viaggio per raggiungere il suo cuore e apprenderlo.
Giuseppe è un buon padre. Ci ricorda che i nostri ragazzi non sanno che farsene di padri narcisisti, giovanilisti, assenti, “evaporati”. Di padri che invece di parole sacre danno ai figli il portafoglio per comprare oggetti profani.
Chi è un buon padre?
È colui che si colloca ai piedi della crescita del figlio spogliandosi del superfluo e testimoniando cosa conta nella vita.
È colui che si toglie la corazza e mostra al figlio il suo cuore e il suo volto di uomo.
Colui che eleva al cielo il figlio augurandosi di essere superato. Che sa offrire le tradizioni della sua comunità e della propria storia, ma è capace di destrutturarsi rispetto al tempo passato per fare spazio al tempo nuovo di cui il figlio è portatore.
È colui che si custodisce dalla tentazione di considerare il figlio una protesi del proprio successo o della propria solitudine e sa metterlo al riparo dalle proprie ferite e dalle proprie pretese.
È colui che sa pronunciare le parole più importanti: “Figlio mio, va…E va verso te stesso!”
Se la madre è la radice, la prima dimora che Il figlio abita e poi porta in giro per il mondo, il padre è il ponte.
Il padre consegna al figlio il passato, la storia di chi ci ha preceduto e lo accompagna nel transito verso la vita e verso il futuro. Lo fa, soprattutto, nei momenti più difficili. Attraversato il ponte lascia andare i figli consegnando loro la libertà di partire, di sbagliare, di ritornare. Insegna così a vivere il distacco, compreso il grande mistero del distacco definitivo.
La presenza del padre, insieme a quella della madre, sostiene nel figlio una fiducia di fondo per dare senso e attraversare il mistero sacro della vita…
Che ognuno di noi contemplando san Giuseppe, possa, piano piano, diventare un buon marito e un buon padre.
Buona festa del papà allora!
Auguri ai padri che non sono “assenti”. Ai padri di famiglia. Ai padri spirituali e ai padri civili.
Auguri ai padri che hanno generato la nostra carne e a quelli che hanno nutrito la nostra anima.
Auguri ai padri che sanno essere buoni mariti.
Ai padri che pur avendo vissuto la frattura dolorosa del divorzio non squalificano le madri dei loro figli.
Ai padri che hanno saputo perdonare e chiedere perdono.
Ai padri capaci di offrire forza e tenerezza.
Auguri ai padri che i figli li hanno persi e che sperano, un giorno, di poterli riabbracciare.
Auguri a quanti hanno paura di diventare padri perché il futuro o le responsabilità li intimoriscono.
Auguri, soprattutto, ai padri che pensano di non essere all’altezza, che si sono smarriti, che cercano di imparare il mestiere più difficile e più bello al mondo.
San Giuseppe li incoraggi, li custodisca, li aiuti a essere giusti e a ricordare che ogni prova, ogni smarrimento, ogni incomprensione, ogni tentazione ci aiuta a verificare chi amiamo, cosa amiamo e come amiamo.
Tonino Solarino