Sabato 28 dicembre scorso, Vigilia della Domenica Festa della Santa Famiglia di Nazareth, abbiamo come ogni anno celebrato la famiglia. Il rinnovo delle promesse matrimoniali dei coniugi, la benedizione delle famiglie hanno visto una partecipazione numerosa. L’ascolto della testimonianza di vita di coppia di Alessandro e Silvia e le loro bimbe, ha toccato i cuori di tutti, donando a questa particolare celebrazione un di più di grazia, capace di donare speranza e luce.
Siamo Alessandro e Silvia da Messina, sposati da 9 anni e abbiamo due bambine: Maria Anastasia di 7 anni e Margherita di 4. Qualche mese fa abbiamo accolto l’invito a raccontarvi qualcosa di noi. Ed eccoci qua a consegnarvi un pezzo intimo della nostra storia matrimoniale, che con certezza, possiamo oggi dire che un anno fa Dio ha salvato dalla separazione.
Ci sposiamo l’11 luglio del 2015 e come capita a moltissime coppie, con tanti sogni, aspettative, entusiasmo. Ci sposiamo anche con tanta fede dopo aver frequentato un discreto corso prematrimoniale per consolidare la consapevolezza di cosa sia scegliere il Sacramento del Matrimonio. Eravamo infatti una giovane coppia di fidanzati attivi sia in Parrocchia che in Diocesi e il nostro SI nel matrimonio era un forte desiderio di voler servire Dio come famiglia nella Chiesa. L’entusiasmo però inizia ad affievolirsi quando subentra la routine quotidiana, problemi lavorativi, ma soprattutto l’arrivo della prima figlia e quindi anche le immancabili stanchezze che fanno cadere il velo della illusione lasciando spazio a tanta delusione. Non abbiamo avuto sostegno per i primi anni di Matrimonio. Nel frattempo, sperando di migliorare, è arrivata Margherita, la seconda figlia, proprio durante il tempo infelice del Covid. Si vive in casa per inerzia, i dialoghi cominciano a diventare litigi aggressivi, iniziamo ad allontanarci sempre di più.
A volte con tono sarcastico ci definivamo tristemente “coinquilini” e spesso abbiamo pensato di vivere ciascuno la propria vita senza includere più l’altro. Le discussioni erano incentrate sui modi sbagliati di dirsi le cose, sul ripiegarsi sui propri bisogni e sull’attaccamento alle famiglie d’origine non dando all’altro il giusto posto. Il non sentirsi né sostenuti né capiti, faceva nascere in noi rabbia, rancore e frustrazione che sfociavano in liti feroci allontanandoci sempre di più. Insomma, scappare sbattendo la porta di casa sono scene che dolorosamente non sono mancate.
All’incirca due anni fa la nostra vita tocca davvero il fondo. Ci rendiamo conto che la crisi matrimoniale dell’incomprensione ci avrebbe portato a breve a precipitare nel burrone della separazione. Fermandoci, abbiamo gridato a Dio esattamente come il salmista: “dal profondo a Te grido”, perché nonostante tutto credevamo fortemente e profondamente che se lo Spirito Santo era collante del nostro Sacramento, adesso avrebbe dovuto intervenire Lui per salvarlo. Noi non ne avevamo più le forze.
Abbiamo cercato aiuto, e Dio ha messo sul nostro cammino la Spiritualità della Tenerezza fondata da Don Carlo Rocchetta. Per caso sui social ci siamo imbattuti in una locandina che pubblicizzava la Scuola della Teologia della Tenerezza che si teneva presso l’Oasi della Sacra Famiglia a Racalmuto in provincia di Agrigento. La scuola prevedeva un incontro al mese per un anno. Eravamo in dubbio in quanto oltre ad essere fuori diocesi, dovevamo ogni mese affrontare un viaggio molto lungo essendo che venivamo da Messina. Ma alla fine, come spesso abbiamo detto a chi rimaneva stupito dal viaggio e dalla costanza, era il forte bisogno di salvare il nostro matrimonio che ci spingeva a muoverci. Era un bisogno scaturito dall’amarezza di un matrimonio ferito e quasi fallito a spingerci con coraggio e forza ad andare con le nostre figlie a bere alla fonte della Tenerezza di Dio. Si, la Tenerezza di Dio, la sperimentavamo ad ogni incontro, ci stuzzicava e stimolava l’idea di Tenerezza come stile di vita.
Ci siamo resi conto che nel nostro matrimonio, nella nostra casa c’era di tutto: rigidità di cuore, prese di posizione, ripiegamenti, maltrattamenti … ma non quella tenerezza intesa come amorevolezza, donazione totale, attenzione, o semplicemente tenerezza come “esserci”. Eravamo una coppia graffiata dall’infedeltà e dalle incomprensioni, dallo smarrimento e dalla solitudine. Ma se è vero che la tenerezza è disponibilità al cambiamento e desiderio di tornare all’unica sorgente di salvezza che è Dio, avevamo ancora speranze! Perché dentro di noi era forte questo desiderio di ritorno. La Tenerezza andava scelta, e come dice Don Carlo Rocchetta: “La scelta della tenerezza inizia di fatto quando si smette di dare la colpa all’altro, a sè stessi o alla vito o a tutti e due … Amare con tenerezza è far sentire speciale, unico il coniuge”. È proprio questo il passaggio teorico che dovevamo trasformare in pratica. E il Signore sapeva bene come farcelo fare: smontando principalmente quella statua di coppia esemplare che ci eravamo costruiti i primi mesi di matrimonio, ciascuno col suo modo di vedersi e nel suo modo di vedere il matrimonio.
L’idea di costruire un progetto di vita con alla base la tenerezza non era e non è ancora oggi del tutto facile perché i sentimenti della collera, paura, tristezza, prendono spesso il sopravvento. Eppure questo pericolo è stato un’escalation motivazionale dove si percepiva che dentro di noi qualcosa si stava muovendo e volevamo assolutamente cambiare.
Durante questo anno infatti, che ci ha visti impegnati, non sono mancati litigi e confronti accesi. Ma il fine era diverso, avevamo trovato l’orientamento giusto. Il litigio oggi non vogliamo più che sia fondato sulla prevaricazione ma sul trovarsi comunque e nonostante tutto mano nella mano, insieme. Costi quel che costi la meta è il NOI. Questi sono passaggi fisiologici per raggiungere un sacramento più vero e più umano dove Gesù ha voluto sposarsi con noi, osiamo dire, per una seconda volta.
In modo particolare, è stato per noi importante durante un incontro, il gesto del rinnovo delle promesse nuziali, dove abbiamo percepito che questa volta gli anelli li portava Lui, Gesù: preparando i nostri cuori scolpendo parole decisive.
Sono rimasti impressi concetti determinanti che ci hanno fatto vedere l’altro con occhi nuovi e con conseguente nascita di interrogativi, concetti che hanno voluto portarci ad un esame di coscienza profondo e anche doloroso: abbiamo imparato che l’altro è Sacramento e quindi è Cristo stesso! Dunque ci siamo chiesti: se ci inginocchiamo ad adorare Cristo Sacramentato, non è forse anche il coniuge Sacramento quale dobbiamo accostarci con atteggiamento adorante? E ci chiediamo ancora: Quante volte noi ci siamo “adorati” o insultati?
Abbiamo conosciuto un volto nuovo di Dio: Dio-Tenerezza Medico degli Sposi. E noi, avevamo davvero bisogno di un Dio che venisse a prendersi cura delle nostre ferite. Ci siamo riconosciuti malati e avevamo bisogno del Medico. La crisi prima la sentivamo come un grande senso di fallimento, adesso la riconosciamo come quel luogo in cui Gesù Medico vuole venire a guarirci e salvarci, luogo in cui Cristo ci prende per mano e ci accompagna dentro noi stessi per raffinare sempre più il NOI coniugale. Gesù Medico, che ci ascolta, ci tocca, ci guarda con misericordia e ci aiuta a guardare il coniuge con occhi di misericordia, ci ha fatto comprendere che il perdono è l’unica decisione necessaria per tornare sempre ad amare l’altro in maniera libera e rinnovata. Da qui abbiamo capito anche che il “Litigio di Coppia” è veramente un grande esercizio interiore, che ci spinge innanzitutto ad una conversione personale e poi ci educa ad un sano e fruttuoso incontro con l’altro.
Li abbiamo sentiti tutti i chiodi in questo matrimonio, ma con voce sommessa e fiato spezzato da una tenera commozione, ci sentiamo grati nei confronti di Gesù e nei confronti della vita. La nostra gratitudine oggi vuole amplificarsi come preghiera di lode a Dio, il quale ci plasma come un vasaio per farci UNO. E’ talmente forte questo senso di gratitudine anche perché ci ha fatto dono di entrare nel cuore e nel senso profondo del nostro Sacramento sapendo che il Signore vuole abitare proprio nelle fragilità e nelle contraddizioni del nostro quotidiano. Non perché continuiamo a giustificarci nell’errore, ma perché finalmente possiamo sentirci amati così per come siamo e possiamo amarci cosi per come siamo: col pia fragile che nonostante tutto prova a mettercela tutta.
Desideriamo scegliere la Tenerezza ogni giorno e trasmetterla innanzitutto alle nostre figlie e poi alle persone che il Signore ci fa incontrare. Questo perché abbiamo percepito essenzialmente due cose:
- La prima è che per noi genitori, in questo momento storico, con riferimenti sbiaditi o addirittura assenti, essere rifermento per i figli è una sfida quotidiana nel fondare valori solidi;
- La seconda è che, come noi, tante altre persone hanno sete di Tenerezza, tante altre coppie vivono la sofferenza di una crisi ma non ne parlano per vergogna o perché non riescono neppure a darle il giusto nome. Ma sentiamo dentro che va fortemente annunciato a tutti che la crisi non è motivo di vergogna o di fallimento ma può diventare un trampolino di lancio per un Noi più vero che può profumare di Per Sempre.
Vogliamo concludere con un’immagine apparentemente scontata ma per noi tenera. Spesso ci siamo soffermati a commentarla perché ci tocca il cuore: alle nostre figlie, come a tutti i bimbi, piace disegnare, l’immagine che sovente disegnano è la nostra famiglia. Quando ci descrivono il disegno, percepiamo che per loro siamo sicurezza, siamo riferimento. E se nonostante tutto loro oggi ci vedono uniti, vuol dire che il buio non ha vinto sulla luce.
Dio ci vede lungo nella nostra chiamata alla famiglia e ormai certi del Suo sguardo di Tenerezza sulla nostra coppia e sulle nostre figlie, proviamo a fare un passo dopo l’altro insieme verso il cielo.
Alessandro e Silvia