Accogliamo, sempre con immensa riconoscenza, un articolo composto dalla nostra Prof.sa Sara Piazzese, sapiente conoscitrice delle pratiche e delle tradizioni più antiche della nostra Ispica, vero e proprio scrigno di storia e di devozione che ha forgiato l’anima dei nostri padri.
Anticamente la notte del giovedì Santo, alle 2:00, era prassi andare alla cava. Si partiva in processione dall’antica chiesa della cava, tuttora esistente, per arrivare verso le 4:00 del mattino, davanti ai gradini della chiesa di Santa Maria Maggiore.
Io alle 2:00 di notte non sono mai andata alla cava, ma, verso le 3:00, mi alzavo perché era più o meno l’ora in cui la processione saliva dalla cava, per dirigersi in chiesa. Io da casa mia vedevo tale processione quando arrivava al corso Garibaldi. Arrivata la processione a Santa Maria, subito le porte della Basilica venivano spalancate e un fumo ed un profumo di incenso, di cui era piena la chiesa, ti avvolgevano. Subito una marea di gente correva all’impazzata e si faceva a gara a chi arrivasse per primo davanti all’altare del Cristo alla Colonna, travolgendo in quella folle corsa, chiunque, anche vecchi e bambini. Indi iniziavano dei riti, fortunatamente, al giorno d’oggi, non più esistenti, perché non avevano niente di sacro.
Alcune persone, arrivate in chiesa, scioglievano dei voti, praticando “a spina n’sancu” (pratica dei flagellanti) e “a lingua a trasciniuni” (la lingua trascinata).
Mia madre, anziana, un giorno è voluta andare scalza in chiesa,per sciogliere un voto. Arrivata in piazza Regina Margherita, però, non se l’è sentita di andare avanti e, così, si è messa le scarpe.
“A spina a sancu” era praticata da persone ignude, recinti i fianchi da larga fascia di tela bianca, che avanzavano a due a due verso l’altare del Cristo alla Colonna, flagellandosi le spalle con delle mazze laceranti, con spuntoni di ferro.
Il trambusto aumentava man mano e la gente gridava “I flagellanti, I flagellanti”! Eccoli, stanno arrivando!!!
Si propagava un gran rumore, misto di voci urlanti e di scrosci,come di catene sbattute insieme.
I malcapitati gridavano: “Pietà, Signore, pietà! Misericordia Signore”. E così, ma mano, arrivavano verso l’altare del Cristo alla Colonna.
Uno spettacolo barbaro, insensato, ributtante. Queste persone, per grazia ricevuta o per grazia richiedente, si flagellavano a sangue il dorso e il petto nudo, con rami di rovo e lacci intessuti di chiodi, pezzetti di vetro e altro.
Abbronzite e, per le villose spalle, larghe righe di sangue scorrevano sulle piaghe già nere per i grossi grumi formatosi sotto i colpi. E le discipline, agitate per aria, incessantemente, colpivano quasi con rabbia aprendo nuove ferite, facendo spruzzare altre righe di sangue su quei corpi che già mettevano orrore. Coi capelli in disordine, con la faccia sanguinante per le lacerazioni prodotte alla testa e alla fronte, i malcapitati ricurvi, agitati in tutta la persona, non sembravano più creature umane, civili, ma selvagge,sbucate improvvisamente da terre ignote, creature ebbre, di sacro furore, per i loro riti nefasti.
Poveracci non si reggevano in piedi; era un orrore che ti faceva scorrere un brivido per le ossa. Meno male che ho assistito una sola volta a questi inumani riti, tremando come una foglia ed esclamando: “Madonna Santa! Oh Signore!”.
C’era anche il rito dei “Battienti”, un rito praticato dietro la spinta di una grande fede, nella speranza di espiare i propri peccati, con il sacrificio estremo del sangue. I “battienti”, con una tavolozza chiodata, si battevano a sangue le gambe, il petto e le spalle. Versavano sulle parti battute vino e aceto, per impedire la coagulazione del sangue e favorire, invece, un abbondante sanguinamento. Questa mistura in ricordo dei soldati romani che la diedero a bere a Gesù sulla Croce. Il rito dei “battienti” viene praticato ancora oggi in qualche paese.
Un altro rito penitenziale, poi, era quello praticato da certe persone che si partivano da paesi limitrofi, come Pozzallo, Rosolini, a piedi scalzi per arrivare a Santa Maria, davanti al Santissimo Cristo alla Colonna, con i piedi insanguinati.
“La lingua a trasciniuni” (lingua trascinata) era un rito, anche questo, che non aveva alcunché di sacro. Consisteva nell’uso di percorrere un tratto dalla porta principale della chiesa all’altare maggiore, di solito per intero, leccando il pavimento, senza mai staccare la lingua da esso. A ciò, il malcapitato veniva aiutato da un parente o da un amico che procedeva con una mano a tenere ben aderente la testa dell’offerente al pavimento, mentre un sagrista puliva sommariamente il lastricato. Il poveraccio arrivava davanti all’altare del Cristo alla Colonna con la lingua gonfia e sanguinante; come ho già detto un rito, anche questo, di orrore che non aveva niente di sacro.
Queste pratiche penitenziali alla Santissima Nunziata non sono mai state fatte. Si praticavano solo per Culonna.
Fortunatamente ormai questi riti sono spariti, ma rimasti indelebili in chi, come me, li ha vissuti.
Sparite queste pratiche, ebbe termine anche l’abitudine di donare,come ex voto, prodotti della terra e animali. Solitamente si trattava di cavalli o mucche che venivano condotti fino al Sagrato della chiesa dove, per praticità, una commissione di confrati valutava l’animale e permetteva al votante di riscattarlo, per la cifra da essi stabilita. Infine l’animale veniva riportato nella stalla. Si era, così, contenti di aver assolto il proprio voto.
della Professoressa Sara Piazzese
In foto: Cera Votiva – Basilica Ss. Annunziata Ispica
12 commenti
Troppa esagerazione in queste pratiche, per fortuna scomparse. Grazie Sara per ricordarci cenni che malgrado tutto, ci appartengono.
Complimenti alla Prof. Piazzese che con i suoi ricordi ha permesso al lettore, che non ha mai fatto esperienza diretta dei fatti, di immedesimarsi in questa narrazione, di pratiche e usanze antiche, attraverso gli occhi stupiti e atterriti di una bambina, spettatrice curiosa dalla finestra di casa di ciò che avveniva durante la notte del Giovedì Santo a Ispica.
Professoressa Sarà Piazzale, ho letto con tanto piacere i tuoi ricordi facendoci rinnovare la vita dai nostri tempi vissute è nuovamente bambini
Sei bravissima !! Ci fai vivere di nostalgia , tu sarai sempre nel nostri ricordi nel percorso della vita di tutti che ti conoscono e di quelli che ascoltano le tue esperienze spirituali. Un abbraccio Fraterno Giovanni Cafiso .
La professoressa Sara Piazzese come sempre impegnativa fa ricordare i nostri tempi passati sentirci nuovamente giovanile , i suoi ricordi spitball rimangono nella memoria in tanti altri che trasmettono ai giovani d’oggi per condividerli con gratitudine ha quelli del domani rimanendo per sempre com’è un ricordò di Sarà Piazzese nella cultura della nostra chiesa madre dI Ispica, con gratitudine
Ti Ricordano sempre con amore e rispetto a nome di tutti gli ispcesi.
Giovanni cafiso
Carissima MIA ex professoressa Piazzese Rosaria. Commentare il TUO articolo sulle ex pratiche penitenziali rievoca barbare penitenze che nulla avevano di sacro. Per fortuna non vengono PIU’ praticate. Ricordo testimonianze dei miei genitori. Il tuo articolo dimostra, ancora una volta, la TUA FEDE religiosa, narrata con dovizia di particolari. Affettuosamente TUO ex alunno Giacomo
Molto interessante!
Tradizioni queste, rievocate dalla professoressa Sara Piazzese, che fanno venire i brividi, almeno alle generazioni come la mia, che seppur non più giovane ha vissuto la chiesa e i cerimoniali con canti e inni d’amore verso Gesù e Maria…..
Grazie carissimi per il vostro sentito ed affettuoso commento
Grazie per questo tratto di storia condivisa.
Ne avevo sentito parlare ma mai in questi termini.
Come sempre puntuale ed appassionata.
Ne aspettiamo altri.
Come sempre i tuoi scritti e le tue descrizioni sono talmente reali che ti rendono partecipe come attore protagonista. Tutte queste pratiche sanno un po troppo di “Inquisizione” riportandoci ad un periodo non molto felice della storia della chiesa. Come hai ben detto, per fortuna tutte queste pratiche non esistono più,ma per chi come te le ha vissute,penso che lascino davvero un ricordo indelebile. Brava Sara che come sempre cogli il bersaglio.
Grazie Cristina
Fortuna che questi orrori appartengono ad altri tempi, tantomeno il nostro Dio ci avrebbe chiesto di sottoporci a queste torture. Grazie ai suoi ricordi, noi veniamo a conoscenza delle cose del passato, grazie carissima Prof.essa Sarà.