La tematica proposta dall’Ufficio Nazionale per la pastorale delle vocazioni per l’anno pastorale 2020-2021 si ispira ad una espressione di papa Francesco, contenuta nella Esortazione Apostolica “Gaudete et Exsultate”, cap.141: «La santificazione è un cammino comunitario, da fare a due a due».
La vocazione non è mai soltanto mia ma è sempre anche nostra: la santità, la vita è sempre spesa insieme a qualcuno. E questo è un elemento essenziale di ogni vocazione nella Chiesa. Proprio questa, infatti è «l’originalità della vocazione cristiana: far coincidere il compimento della persona con la realizzazione della comunità».
Di questa dimensione comunitaria ne ha fatto esperienza Fra Graziano Bruno che proprio nella nostra comunità parrocchiale intuisce e sente una chiamata particolare ad una vocazione che non era quella al matrimonio. Non è stato semplice per Fra Graziano comprendere bene il senso della chiamata ma, il Signore, ha saputo teneramente accarezzare e plasmare il suo cuore rendendolo capace di accogliere la Sua chiamata, una chiamata all’Amore incondizionato e allargato a tutti.
Noi catechisti insieme ai ragazzi di 1^ e 2^ media abbiamo intervistato Fra Graziano partecipandoci il Suo singolare incontro con il Signore proprio dentro la nostra comunità parrocchiale della “SS. Annunziata”.
Quando ti sei sentito chiamato dal Signore?
Era l’anno 1993, esattamente durante la preparazione dei festeggiamenti della Pasqua.
Quell’anno fu molto particolare, non solo per me ma per tutta la comunità “nunziatara”. Era il Tricentenario del terremoto del 1963, terremoto che distrusse Spaccaforno e la chiesa della SS. Annunziata, che si trovava all’interno del Parco Forza. In questa occasione si era deciso di portare a spalla il simulacro del SS. Cristo che porta la Croce fino al Parco Forza. Per me fu un’esperienza bellissima e segnò profondamente la mia vita: portare insieme a Gesù i pesi di tutta l’umanità e condividere con Lui il cammino mi face sentire utile e nello stesso tempo mi dava pace dentro.
Dopo che cosa hai fatto?
Dopo questi giorni pieni in Sua compagnia ho ripreso normalmente e vivere la mia vita. La mattina andavo al lavoro, facevo l’idraulico, e la sera uscivo con i miei amici. Facevo con loro tutto ciò che facevano i ragazzi della mia età: ero spensierato e mi divertivo. Ma in cuor mio, però, c’era sempre qualcosa che mi tratteneva e non mi faceva spiccare il volo. Mi ritornavano in mente i momenti vissuti, momenti forti che mettevano in discussione la mia vita: scegliere tra ciò che apparentemente mi rendeva felice e ciò che invece era felicità piena.
Continuavo a dirmi: “Impossibile che il Signore abbia chiamato proprio me”.
Una mattina, però, al lavoro ci fu la svolta. Impegnato con tubi, acqua e guarnizioni, sentì un vuoto dentro, sentì che quello non era il progetto di Dio per me. Da lì iniziò il mio cammino di discernimento.
Oltre alla comunità “nunziatara” chi ti è stato accanto?
Oltre che dalla comunità “nunziatara” sono stato accompagnato anche dalla comunità francescana della nostra città. A quel tempo a Gesu c’erano P. Angelo, P. Nicola, P. Pietro, P. Germano. Tutti frati con i quali ho avuto modo di condividere i miei pensieri ed i miei dubbi: anche loro mi accompagnarono in questo mio cammino di discernimento vocazionale.
Dopo il lavoro, tutto il mio tempo libero lo trascorrevo lì con loro, partecipavo all’Eucaristia. Andare da loro e trascorrere il mio tempo lì per me ormai era diventato vitale: stavo bene e questo mi confermava nella chiamata.
E la tua famiglia, ti ha sostenuto in tutto questo?
La mia famiglia non ci vedeva bene in tutta questa storia e, non perché non accettavano la mia scelta; la mia famiglia è cristiana ed è sempre stata impegnata nella comunità. Ero io l’incredulità: nonostante il mio carattere estroverso ero poco incline alle regole. Dentro una comunità, così come in famiglia, di regole ce ne sono tante.
Ma, se devo dirvela tutta, anch’io faticavo a vedermi dentro una comunità e abbigliato con abiti sacri. Il Signore, però, perdutamente innamorato di me continuava a chiamarmi. Questa chiamata diventava sempre più insistente e io mi sentivo sempre più attratto: sapete Lui è molto tenero e paziente e lascia il tempo necessario per poter dire il “SI” pieno che libera e fa spiccare il volo.
Hai continuato il tuo discernimento a Gesu?
No, ho frequentato Gesu per un breve periodo; a settembre decisi di andare a Barcellona Pozzo di Gotto.
Partì convinto che sarei ritornato entro Natale, mi ero detto eventualmente avrò fatto una breve vacanza. All’inizio andavo su e giù; è stato un cammino lungo, in alcuni tratti difficile ma sono sempre riuscito a superare gli ostacoli, sapevo di non essere da solo, ero accompagnato da un Amico Speciale pronto a dare la vita per me e per la mia salvezza.
Quando sei diventato Frate?
Il cammino di discernimento vocazionale ha diverse tappe. Tutto inizia con l’anno di Postulato, durante il quale si va a vivere in una fraternità per iniziare a conoscere più da vicino la vita dei frati. Poi c’è il Noviziato e, dopo questo periodo di maggiore discernimento, studio e riflessione personale, professiamo i voti temporanei (che rinnoviamo di anno in anno) e continuiamo nello studio delle Sacre Scritture e nel discernimento. Dopo diversi anni divenni Frate e poi Sacerdote.
Bellissimo momento è stata la mia prima Celebrazione Eucaristica qui proprio all’Annunziata dove io avevo cominciato a muovere i primi passi. L’accompagnamento e la preghiera della comunità mi hanno sempre sostenuto e incoraggiato ad andare avanti senza esitare.
Chiunque sente palpitare nelle sue vene il Sì alla vita è perché si ricorda del Sì primordiale che il Creatore ha pronunciato sul mistero della sua persona e della sua esistenza. Essere benedetti da Dio è essere colmati del sì divino, è essere plasmati da questo sì, da questo amen, che vuole essere senza pentimento, senza rammarico, senza nulla di negativo. Ed è quindi essere capaci di pronunciare, a propria volta, il sì che consente di aprirsi all’avventura, a tutti i rischi, ma anche a tutte le gioie della vita. È essere capaci di dire sì a tutto ciò di cui è fatta la vita. È essere capaci, più in particolare, di dire sì a coloro che bevono allo stesso calice dell’esistenza e della passione di vivere. È mettersi a benedire, a ripercuotere la prima benedizione, a moltiplicarla, a intrecciarla con tutte le altre, a diffonderla attorno a sé.
(Albert Marie Besnard, Devo venire a casa tua)
Fra Graziano conclude l’intervista con una bella frase che noi abbiamo ripreso all’inizio dell’articolo.
“La santificazione è un cammino comunitario, da fare a due a due”. La comunità è fatta di diversi componenti, di tutte le età perché la fatica e la bellezza della comunità è cercare l’armonia che fa emergere la comunione nella differenza. Ciascuno dà il proprio contributo a servizio della comunità.
Fra Graziano è il frutto di coloro che sono state al servizio della comunità parrocchiale della “SS. Annunziata” .
I catechisti e i ragazzi di 1^ e 2^ Media