Padre amato, padre nella tenerezza, nell’obbedienza e nell’accoglienza; padre dal coraggio creativo, lavoratore sempre nell’ombra: con queste parole Papa Francesco, nella Patris corde, descrive Giuseppe di Nazareth e proclama un anno in suo onore volto a riscoprire la sua figura.
Una prima caratteristica che viene in mente, cercando di fare una propria descrizione, mi porta indietro nel tempo quando, durante le catechesi della Gioventù Francescana, San Giuseppe venne presentato come l’uomo del silenzio. Nei Vangeli, infatti, non viene mai citata una sola parola proferita dallo sposo di Maria, vengono narrate solo le sue gesta.
Come si può descrivere, allora, la figura di San Giuseppe partendo dai racconti del Vangelo al di là dei testi apocrifi? Mi sono affidato, quindi, alle riflessioni di due teologi come Ermes Ronchi, dell’Ordine dei servi di Maria, e Papa Benedetto XVI, al secolo Joseph Ratzinger.
Papa Benedetto XVI, tramite l’Evangelista Matteo, ci presenta San Giuseppe come un uomo giusto: questa qualificazione, dice il pontefice emerito, dà un quadro completo della figura di S. Giuseppe e lo inserisce tra le grandi figure dell’Antica Alleanza.
Cosa significa essere giusto per la religione ebraica?
Il Salmo 1 ci dice che il giusto è un uomo che vive in intenso contatto con la Parola di Dio. La sua volontà per il giusto non è una legge imposta dall’esterno ma gioia perché la vive con atteggiamento di apertura di amore verso Dio e, in questo modo, impara a vivere la Parola e a comprenderla dal di dentro.
In Geremia 17,7 ci dice che è benedetto colui che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia. Emerge, in questo versetto, la caratteristica della giustizia: il fidarsi di Dio che dà speranza all’uomo.
Giuseppe esprime questa sua forma di uomo giusto quando venne a sapere della gravidanza di Maria nel periodo del fidanzamento dove non desidera esporla all’ignominia pubblicamente ma cerca una via tra diritto e amore. Così facendo, avvengono le premesse per “l’annunciazione” fatta a S. Giuseppe dove emerge un’altra caratteristica giuseppiniana: la capacità di discernimento, necessaria per riconoscere se si era trattato solo di un sogno oppure se veramente l’Angelo del Signore gli aveva parlato chiamandolo “Figlio di Davide” e, in quanto destinatario della promessa fatta a Davide, deve farsi garante della fedeltà di Dio. Insieme con l’invito a prendere Maria come sua moglie, riceve l’ordine di dare un nome al bambino e così di adottarlo giuridicamente come figlio suo. Giuseppe, ci riferisce l’Evangelista Matteo, fece come gli disse l’Angelo e diventò così il padre putativo del Figlio di Dio e coinvolto nel mistero dell’incarnazione.
Giuseppe, inoltre, è descritto da Ermes Ronchi come un uomo innamorato di Maria e lavoratore nella sua bottega oltre che giusto: egli è la figura di ogni uomo perché si ritiene aperto al mistero ma mostra tutte le nostre resistenze ad aprirci a ciò che è più grande di noi.
Giuseppe è soprattutto il padre di Gesù in senso putativo, poiché ha avuto le sue difficoltà nel crescere ed educare il bambino Gesù: l’esempio principale è riportato nel vangelo di Luca quando il dodicenne Gesù (in Israele la maggiore età si raggiunge a 12 anni, così come nel mondo occidentale a 18) si perde a Gerusalemme e viene ritrovato nel Tempio. “Devo fare le cose del Padre mio”, diceva Gesù agli angosciati Maria e Giuseppe che lo cercavano insieme (Ronchi lo evidenzia in modo particolare) e che non compresero le sue parole alla domanda iniziale della madre (perché hai fatto questo?): parole che aprono una via (il dialogo) per risolvere un problema: anche la Santa Famiglia di Nazareth non è rimasta indenne dalla prova dell’incomprensione reciproca tra genitori e figli e, nota personale, anche della maggiore età…a volte, neanche i Santi capiscono i Santi!
Quando inizia il ministero pubblico di Gesù non si parla più di Giuseppe nei Vangeli: tradizione vuole che sia già scomparso, ma dato che i Vangeli non fanno cronistoria bensì nascono per narrare quella che è il compimento della storia della salvezza con l’incarnazione di Cristo, questa assenza si può anche interpretare come la conclusione del suo ruolo nella storia di Cristo una volta terminata la sua infanzia ma, con la nascita della Chiesa, gli verrà affidata un’altra custodia… quella della Chiesa Universale, di cui celebriamo i 150 anni dalla proclamazione ufficiale.
In conclusione, possiamo dire che San Giuseppe è stato soprattutto un uomo con tante sante caratteristiche: la fede che ha dimostrato con le opere, l’amore verso la propria sposa, la propria famiglia e per il suo lavoro. Un uomo come tutti noi che si è ritrovato investito del più grande compito che possa toccare ad un padre…crescere il Figlio di Dio.
W S. Giuseppe!
(in foto: un immagine di San Giuseppe)
1 commento
Davvero un bell’articolo sulla figura di questo caro Santo nell’anno dedicato a Lui. Grazie e sempre Viva San Giuseppe!!!